I progetti per il futuro di un docente come tanti
Ti svelo dove mi sta conducendo questo finale d'anno scolastico
Buon inizio di settimana ♡
Sono molto felice.
Sì, voglio iniziare proprio così, a dispetto di tutte le scaramanzie esistenti e ben consapevole che, se avessi aperto il laptop magari fra qualche ora, non lo avrei scritto. Ma “la felicità è una cosa semplice”, no? E, soprattutto, “quando accade, bisogna farci caso”, non è vero?
Sul finire della scorsa settimana sono accadute due-tre cose che, in quanto scelte da me effettuate, in qualche modo si sono parlate tra loro e mi hanno consolidato nella certezza che orientarsi e conoscersi (azioni delle quali tanto scrivo) sono dinamiche alle quali porre attenzione sempre. Persino a 54 anni.
1.
Innanzitutto mi sono regalata il corso di Rita Bellati “TALENTI IN PRATICA”. Non ho ancora iniziato il percorso che Rita ha già messo a disposizione, ma sento di avere bisogno di ‘cambiare le lenti dei miei occhiali’. Perché un po’ credo che esista sempre il rischio di diventare sempre più miope, nella percezione della propria persona e del proprio ruolo. Ed anche ipermetrope, se è per questo! Insomma, mi sembra che il maggior rischio del ‘diventare grandi’ sia quello di credere che ciò che riesci a mettere a fuoco sia la sola realtà che esiste. Di solito, è quella alla quale siamo più avvezzi, che frequentiamo da più tempo. Forse è questo che chiamano ‘comfort zone’, non so… (che poi, io alle mie comfort zones sono molto affezionata e non ci penso assolutamente ad abbandonarle! v. dopo)
E quindi la proposta del corso creato da Rita è giunta nello stesso momento in cui sentivo crescere un antico desiderio, una nota che stava riprendendo a farsi sentire. (v. dopo)
2.
Già sai - lo avevo annunciato in una delle scorse puntate - che il 14 e il 21 giugno organizzerò il mio mini-Festival della Scienza, per ragazzi e ragazze che il prossimo anno scolastico frequenteranno la scuola media. (a proposito, se abiti in zona e hai un figlio o una figlia di questa età, ci sono ancora dei posti liberi!)
L’idea c’è da sempre, e infatti in classe ho sempre fatto in modo che le mie lezioni assumessero questa modalità. Però, questa volta, ho voluto porre sullo stesso piano la parte sperimentale e quella letteraria; quindi ci muoveremo sì tra palloncini e cartoni da ritagliare, ma anche ci siederemo a sfogliare albi e libri, e ad incontrare le parole che scrissero e pronunciarono coloro dei quali tenteremo di ripercorrere le orme sperimentali.
Perché la scienza, la matematica (insomma, il mio terreno didattico) sono innanzitutto storie: storie di concetti, storie dell’irrompere nella Storia di questi concetti.
Ho quindi deciso che era giunto il momento di dare una forma più ampia alla veste narrativa della didattica delle mie discipline.
Ma non basta…
3.
Con Sabina (di Terre di Mezzo, la conosci, te ne ho già parlato) stiamo pensando a qualcosa per settembre. Ma non voglio dire altro…
4.
Giovedì ho parlato con una meravigliosa libraia, che ha preso molto sul serio la possibilità di creare insieme a me alcuni eventi, rivolti ai giovanissimi, durante i quali tentare di smantellare (prima che si cementifichi) l’idea che, dagli 11 anni in su, dalla matematica e dalla scienza debbano necessariamente essere bandite la meraviglia, la scoperta, la storia… e le parole! Se son rose…
5.
(caspita! sono ben più di due-tre, allora!)
Da settembre, perciò, una parte della mia attività di formazione diverrà itinerante. Andrò nelle classi di chi (magari sarai tu…) mi chiamerà, portando - come accadeva qualche mese fa nella classe di Silvia e Ale - il mio carico di pagine da sfogliare, di aneddoti da raccontare, di idee grandiose da ricostruire pezzettino dopo pezzettino.
Un accademico la chiamerebbe ‘storia e filosofia della matematica e della scienza’, io semplicemente, dopo averla tanto studiata, non la chiamo e la metterò in pratica con i ragazzi!
(ho scritto una cosuccia, per descrivere meglio la genesi del progetto. Dopo i saluti, te la lascio da leggere)
In definitiva (e il punto 1 lo certifica), ho voglia di ri-mettere in chiaro chi sono. Che è chi sono sempre stata. Due indizi su tutti: 1) il dialogo tra scienza e letteratura; 2) l’attività di comunicazione.
Et voilà!
Buona settimana (ti auguro con tutto il cuore di farci caso, ai tuoi progetti…) ♡
(qui sotto, la mia lettera mémoir-avvio di progetto)
NARRARE PER CAPIRE: la matematica e la scienza, in classe, si fanno raccontandole.
Comprendere è sempre un’azione che - non a caso - riconduciamo a quella, speculare, che trova posto nella spiegazione. A sua volta, (di)spiegare è dinamica di relazione che srotola, solleva strati e livelli, mette ordine. È una relazione poiché si spiega sempre a qualcuno; ed anche nel caso in cui ci si spiegasse (improvvisamente) qualcosa, questa epifania sarebbe accompagnata da un prima e un dopo, messa in azione da due parti quasi separate di sé.
Gli oggetti mentali che, per loro definizione, sono costruiti sovrapponendo strati di tessuto e generando ordine attraverso le loro trame, sono le storie. Stiamo (ri)costruendo una storia quando afferriamo un estremo libero del gomitolo e - un po’ tirandolo a noi, un po’ scrutandone la direzione sommersa - iniziamo a disporre il filo in una conformazione più semplice, più chiara e leggibile.
Risolvere un problema, interpretare una domanda, comprendere un concetto sono sempre e soltanto tessiture di storie.
La matematica e la scienza non fanno eccezione. La formula, la legge fisica, l’idea risolutiva sono l’ultima pagina del libro; le parole conclusive hanno significato solo se riusciamo a riannodarle a tutte quelle che le hanno precedute. Conoscere il senso di un teorema oppure il significato di una relazione tra grandezze implica, in definitiva, essere riusciti a disporre nella corretta sequenza un insieme di eventi in precedenza accaduti, non fosse che sul foglio di carta del quaderno degli appunti.
Ma anche chi quella dimostrazione o quel concetto elaborò per la prima volta (i Gauss, Riemann, Darwin e Feynman di turno), non fece che dipanare una matassa di ipotesi precedenti, di errori seminati per strada, di vaghe intuizioni non condotte a compimento.
La matematica, la scienza, hanno inevitabilmente - e in questo risiede il loro fascino - una struttura narrativa.
Io ho una formazione nettamente scientifica. Cullata e cresciuta, però, al ritmo delle grandi e antiche narrazioni: i versi di Lucrezio davano sostanza all’immaginazione di Bohr, mi convincevo di riconoscere nell’equazione d’onda dell’elettrone quella medesima ambiguità portata dalla parola poetica, nell’idea condotta alla luce da Darwin rinvenivo echi del procedere aristotelico.
Questa propensione ad un costante lavoro di scavo, di confronto tra racconti diversi, la ho poi tradotta nell’attività di questi ultimi… ventisei anni. Con ragazzi e ragazze in classe, dapprima e innanzitutto, scoprendo che ciò che era accaduto a me poteva ri-accadere per ognuno dei miei studenti. Poteva cioè accadere di capire - la matematica, la fisica, la chimica e le altre… - immergendosi nella delucidazione di una storia ben raccontata.
A settembre aggiungerò dunque una nuova branca alla mia attività di formazione: la narrazione itinerante della grandi e storiche idee della matematica e della scienza, alla scoperta delle immagini che le hanno accompagnate e delle parole che le hanno descritte. Sono storie che sono sempre lunghe secoli, quando non millenni; come un cantore, cucirò insieme brandelli distanti per comporre il racconto definitivo. Ogni intuizione antica e nascosta sarà trattata come un indizio, illuminata ed esplorata, fino a trovarne le tracce nell’idea conclusiva e compiuta.
Perché la desidero “itinerante”, questa nuova veste, che non è nemmeno più didattica nel senso stretto?
Semplicemente perché sarò io a spostarmi nelle aule in cui si saranno appena studiati un teorema di Pitagora, una legge di gravitazione universale, una geometria non euclidea, una legge di Mendel… Arriverò non per spiegare (nel senso scolastico del verbo), ma per disseminare indizi sui banchi e per guidare gli studenti a collocarli nell’ordine corretto. E non entrerò in aula da sola: mi accompagneranno i racconti di chi, tra quei medesimi indizi, si è smarrito; le parole di tutti coloro che sono arrivati a sfiorare la comprensione ultima e si sono ritirati sconfitti; i diari di chi, invece, ha visto meglio e più lontano degli altri.
Aprirò la mia borsa e ne farò uscire libri e albi illustrati, memorie e relazioni di laboratorio. Albert Einstein, Marie Curie, James Watson o Max Planck si siederanno insieme a noi e ci racconteranno che cosa alla loro mente ‘non tornava’, di quale risposta sono andati in cerca e di quando sono riusciti a sollevare il velo sulle cose.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
(E. Montale)
“La narrazione rivela il significato senza commettere l’errore di definirlo”
(H. Arendt)
Che bello Simona, vai alla grande! Se fossimo in zona ti manderei i miei figli subitissimo :)
quello che fai Simona mi sembra l’atto più rivoluzionario che un insegnante potrebbe fare. Questo è quello che il buon Gaber avrebbe definito.. PARTECIPAZIONE. Congratulazioni