Buongiorno a te ♡
Ieri ho ricevuto, in risposta alla Lettera del lunedì, una e-mail che mi ha infuso davvero tanto coraggio. Il coraggio di perseguire in questa mia direzione che è a metà tra la ricerca didattica e il mentoring, in medias res tra l’insegnare in classe e l’accompagnare coloro che insegnano in classe.
Ne parlavo sabato sera con una collega (e parente!), che mi domandava come io avessi deciso di ‘pormi sul mercato’, e se non avessi paura di non intercettare le necessità di chi ha bisogno di un prodotto direttamente spendibile con i suoi studenti.
Ho pensato allora al fatto che le Lettere, in effetti, vogliono essere un po’ la forma scritta della persona, prima ancora della professionista dell’educazione, che credo di essere: mi piace presentarmi in modo discreto, non invasivo (spero che tu gradisca la mia ‘loquacità’…). Per questa medesima ragione lascio ai miei percorsi di mentoring più strutturati (quelli che ho chiamato, nell’ecosistema che è la mia attività di formazione, le Stanze di Valore e che, nel caso, puoi conoscere qui) la funzione di essere anche archivio di proposte immediate per la classe.
Nella e-mail di cui ti parlavo, la giovane docente (grazie, Laura!) commentava che le Lettere stavano agendo, nei suoi confronti, come se fossero l’intervento ad un convegno, la lezione sulla quale prendere appunti e sulla quale tornare, poi, con calma.
Accidenti, non voglio certo “lodarmi e imbrodarmi” (si dice??), anche perché so benissimo che, a fronte delle parole di Laura, ogni volta che clicco INVIA ho anche una bella serie di disiscrizioni entro i primi dieci minuti!!!
il mio ego non rischia perciò di dilatarsi a dismisura, credimi!
Se è vero che ognuno ‘intercetta’ soltanto una minima parte del suo potenziale pubblico, dirò allora che mi piace proprio che tu faccia parte di esso. Persone che vedono nella lentezza della riflessione, il ‘buono’ per loro.
Inoltre, tengo moltissimo all’apertura che queste Lettere stanno avendo nei confronti di un pubblico che non appartiene alla categoria dei docenti, ma che - in qualità di genitore, di studente, di ex-studente… - ha sempre la scuola nel proprio orizzonte.
Amo pensare che gli spunti che propongo siano una traccia per chiunque, per tutti coloro che (ancora) si interrogano sul senso della scuola italiana. Mi piace pensare di invitare tutti qui, fra queste mie righe, per osservare dove esse ci conducono.
Il percorso de I Martedì delle Lettere che apro oggi ho deciso di dedicarlo ancora all’accompagnamento degli studenti in quanto persone, ma in una declinazione diversa dal n.13, che iniziava con questo articolo:
Sarà che sono stata sempre affascinata dall’indagine che riguarda lo sviluppo emozionale e cognitivo del bambino-poi-preadolescente-poi-adolescente, ma ogni volta che incappo in qualche articolo di ricerca o saggio relativi a questo tema, automaticamente mi trovo a riorganizzare le informazioni che traggo da più fonti, confrontandole con ciò che è la mia esperienza in classe.
Penso che qualsiasi insegnante, indipendentemente dalla disciplina che insegna - e qualsiasi genitore - debbano porsi davanti agli enormi interrogativi che abitano la relazione che ognuno ha con la propria identità. Sempre emergono incertezze nel definirla, nel descriverla, nel riconoscerla; ovviamente anche nel comunicarla.
Se insegnare è una professione di cura (e cioè di relazione), lo è - in un certo senso - al quadrato: è la relazione di cura che si realizza tra due individui che sono, a loro volta, in relazione con se stessi.
Qual è la cifra dello sguardo che il docente rivolge al suo studente nel momento in cui (se) lo dichiara come persona?
È uno sguardo che si può imparare ad esercitare?
Se ti interessa, puoi seguirmi nelle prossime righe…
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