L’allucinazione della presenza
Le discipline scolastiche spalancano orizzonti (banale? no, e ti racconto perché!)
Buongiorno ♡
Ieri ci sono stati i colloqui successivi alla pubblicazione delle schede conclusive dell’anno scolastico. In tempi di registro elettronico, di un (più o meno) elevato rumore di fondo nella comunicazione scuola-famiglia, la mia esperienza è stata molto positiva. Che non significa essere sempre d’accordo su tutto - ci mancherebbe! - ma saper esercitare (da ambo le parti) quella sottile intelligenza umana che consente di ‘sospendere il giudizio’ - tanto per utilizzare una metafora attinente al clima da scrutinio finale - per quel tempo necessario affinché ci si possa re-incontrare su un terreno comune.
E là scoprire risorse nuove per sé.
Mi ricorda molto quello che scrivevo tempo fa a proposito del significato della domanda - e quindi, da un punto di vista più strettamente didattico - della verifica o dell’interrogazione.
Per carità, lo faccio anch’io, ahimè (di generare domande volte a verificare l’avvenuta o meno acquisizione di determinati concetti o abilità)… ma continuo ad essere convinta che le domande più interessanti siano corde lanciate nella direzione dello studente, che si muove per afferrarle - e quindi si sposta, poco o tanto, verso di noi - e, di conseguenza, ‘obbliga’ anche noi a tendere verso di lui. E lì, in quello spazio intermedio, comune eppur sconosciuto, sta la scoperta. Per entrambi. L’apprendimento. Un apprendere che può in seguito diventare, per entrambi gli attori del processo, l’osservazione sulla bontà o efficacia del proprio percorso.
Ecco, ieri ho avuto questa netta sensazione, durante i colloqui. Visi tirati che si fanno via via più sereni, racconti condivisi, dubbi posti sul tavolo, sbagli ammessi; persino qualche (umanissimo) calo di tensione. Si parla tanto di collaborazione scuola-famiglia, ma come potrebbe essa mai prendere piede se ci si arroccasse sulle rispettive posizioni di - presunta - verità detenuta?
Per lo stesso motivo, mi ha tanto rattristato il racconto, invece, di Silvia: pagelle pubblicate sul registro, offerta libera da parte sua di un momento di confronto sul passo compiuto e su quello da compiere… e meno di un irrisorio 20% delle famiglie ad accettare il momento di confronto e condivisione.
Ma quindi che cosa desideriamo, alla fine, dalla scuola?
Come possiamo (giustamente) pretendere che il nostro figlio o studente venga guardato come persona se non utilizziamo/creiamo i momenti nei quali la persona possa emergere? E la mia domanda - retorica - implica sia (a) la volontà di spendere del tempo per creare una verifica ad hoc, ogni santissimo anno scolastico diversa da quelle degli anni precedenti, sia (b) il tentativo di credere che la compiutezza dell’immagine futura del proprio figlio e della propria figlia NON sia descritta dalle abilità misurate con le diverse valutazioni.
C’è molto di più, nella scuola, accidenti!
(e lo dico innanzitutto a me, agli ‘addetti ai lavori’ come me, a coloro i quali accettano di rischiare sulla ‘pelle’ della propria professionalità, lavorando ogni giorno affinché lo spazio e il tempo delle loro classi e delle loro lezioni siano colorati di benessere, crescita e soddisfazione. Per tutti.)
I soldi del PNRR aiutano, l’intonaco sui muri aiuta, ma vi è un livello minimo di consapevolezza che trovo irrinunciabile.
Sempre a Silvia lo esponevo ieri: è il livello della cultura. Che non significa semplicemente nozioni e abilità conseguite (le famose “s” nel plurale di cui parlavo ieri con una delle ‘mie’ splendide mamme…), ma è quell’insieme di competenze - hanno tentato di chiamarle ‘soft skills’ per dar loro un ruolo sociale più evidente! - che aiutano ragazzi e ragazze a definire i connotati del proprio esistere nei termini di rispetto, amicizia, speranza.
Quando, anni fa, tentavo di convincere qualsiasi collega di materia del senso di svolgere Educazione Civica anche attraverso le nostre discipline (senza sprofondare nella noia e nell’ottusità di intenderle soltanto come strumento per parlare di energia sostenibile, di educazione alimentare, di rispetto della biodiversità etc - ché avrei avuto difficoltà, nel caso, a motivare l’intervento di una disciplina come Matematica, ad esempio), avevo in mente proprio quell’orizzonte culturale che ogni disciplina di studio inevitabilmente possiede
È la medesima vexata quæstio dell’orientamento, anche! Chissà quando ci troveremo tutti e tutte assolutamente d’accordo che la direzione si intuisce, individua, sceglie, prende in base ad una riflessione sugli strumenti che si hanno a disposizione (il metodo, il linguaggio) e NON analizzando le caratteristiche del percorso in sé (gli argomenti, i piani di studio)? Un trekking fino a 1500 m può anche essere ‘agevole’, ma non lo sarà se calzo delle All Stars, se mi sono appena slogata una caviglia oppure se il sentiero è umido di fango!
Forse questo lungo preambolo non è del tutto fuori luogo, pensando al fatto che oggi qui concludo il mio percorso di formazione n.14: ImmaginarSI.
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{Ti ricordo che soltanto gli abbonati possono accedere all’intero archivio - che sta iniziando a diventare sostanzioso! - per l’intera durata del loro abbonamento. Studiare - quotidianamente - per la creazione delle mie ‘formazioni sostenibili’ per docenti e famiglie è (appunto) un lavoro, che ogni singolo abbonamento qualifica e del quale rimango sempre un po’ incredula ma profondamente grata}
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La scorsa settimana scrivevo:
Nella didattica di qualsiasi disciplina, il lavoro sulle tracce consente di effettuare delle inferenze a partire da ciò che si ritrova per strada
Predire ed interpretare sono due attività che ritengo imprescindibili, lungo il percorso di sviluppo evolutivo di ciò che chiamiamo ‘educazione dell’individuo’. Osservare, selezionare, rileggere i dati che sono in proprio possesso sono abilità alle quali ognuna delle discipline progressivamente educa, ma sono anche competenze che possiamo considerare - per così dire - esistenziali.
Rifigurare il passato nel presente (e il presente nel futuro), cioè, non ha semplicemente a che vedere con la comprensione dell’algebra o della storia, ma - possiamo facilmente intuirlo, da adulti - è una capacità che coinvolge il cosiddetto “saper stare al mondo”.
Oggi voglio spiegarti che cosa è l’ALLUCINAZIONE DELLA PRESENZA, perché può verificarsi anche nella scuola e perché credo che qualsiasi buona didattica possa scongiurarne il rischio.
Se ti interessa, puoi seguirmi nelle prossime righe…
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