Buon lunedì ♡
«Sono pienamente vivo, oppure sopravvivo e basta, quando mi limito a ripetere gli stessi gesti, a inspirare ed espirare, seguendo un itinerario che altri hanno fissato per me, facendo tutti i giorni il pendolare con lo stesso ufficio? O devo rinnovare me stesso, non solo ascoltare gli altri cantare, non solo lasciarmi intrattenere da loro, ma comporre io stesso una canzone che sappia ispirare gli altri, non solo ascoltare la musa degli altri, ma diventare io stesso una musa?»
T. Zeldin, Ventotto domande per affrontare il futuro
Questo inizio di anno scolastico è stato per me caratterizzato dalla definizione del lungo ‘lavoro di scavo’ dei mesi passati, che si è infine concretizzato nelle mie ultime proposte riguardanti l’orientamento e l’educazione alle relazioni/affettività.
Sono felice di essere riuscita a declinarle in tre modalità, molto diverse tra loro (in modo da rispondere a diversi tipi di bisogno), ognuna delle quali va ad esplorare strategie o temi complementari tra loro.
Ti lascio qui sotto TRE INDIRIZZI, se ti interessa approfondire la proposta:
la Masterclass (4 ore di dialogo, suddivise su due giorni)
la Stanza di Valore (tre mesi di lavoro in autonomia, sotto la mia guida)
il percorso che svolgo nelle classi della sec. I grado
{come ho scelto di agire anche in passato, ognuna delle tre proposte è offerta con il 20% di sconto a coloro che possiedono l’abbonamento annuale alle Lettere. Scrivimi se può interessarti o se desideri ricevere altre indicazioni}
Se rileggo la citazione di Theodore Zeldin che ti ho riportato in apertura, mi accorgo che la sostanza di essa esprime, nel profondo, la nostra vocazione educativa.
Troppo impegnativo, il termine ‘vocazione’?
Non lo credo affatto. E soprattutto rivendico l’accezione laica di esso: la vocazione come tensione sostenuta nel solco di una direzione che abbiamo individuato nel corso della nostra esistenza. Tensione che dovrebbe sempre sfociare, in una qualche sua forma, anche nel lavoro che ci troviamo a svolgere.
Saper “comporre la propria canzone”, attraverso la quale possibilmente “ispirare gli altri” è lo scopo che regge ogni mia ora di lezione, anche quando essa si svolga esclusivamente come correzione dei compiti delle vacanze!
È il modo mediante il quale affronto la non-novità (che cosa rischierebbero di essere la correzione e l’istruzione, se non questo?) che, più di ogni altra mia attività didattica, testimonia la portata della realtà nei miei confronti. È nella quotidianità della cura che ho del mio materiale, della costanza che riesco ad esercitare nello studio, che scopro davvero chi sono. Non sono i test attitudinali a dirmelo, è l’esperienza che compio ogni giorno.
ECCOLA, LA VOCAZIONE.
A breve ricomincerò uno dei percorsi di affiancamento insieme a Patrizia Arcadi (su Instagram è @patrizia_lacoachimperfetta) e non mi sembra una coincidenza che oggi io sia qui a parlarti di vocazione nella scuola, nel luogo di lavoro che io e te condividiamo.
Penso che sia necessario ricordarselo, ricordarcelo gli uni agli altri, anche quando ci sentiamo soffocati da tutto ciò che la scuola NON è (e accade già in questo primo mese di lavoro, che per molti di noi si sta già presentando con l’odore stantìo di un anno).
Dietro l’angolo è il rischio di andare a prendere stanza sul versante dell’educazione OPPURE su quello dell’istruzione, lasciandoci convincere che ciò che ai docenti viene chiesto è di fornire abilità e competenze. Ne parlavo proprio sabato con Manuela (su Instagram è @una_rubrica)... quanta tristezza provo sempre, quando ascolto ‘professionisti dell’educazione’ - o, peggio ancora, ‘funzionari dell’educazione’ - affermare che lo scopo della scuola è quello di creare dei buoni cittadini…
Se l’appannaggio della scuola fosse l’istruzione, potrei anche convenire. Ma oso espormi e scrivere invece che il ‘proprio’ del sistema scolastico è l’educazione; di conseguenza, lo scopo di esso è di creare delle persone.
In caso contrario, evitiamo di spendere, nei PTOF, fiumi di parole a favore dell’alleanza scuola-famiglia, di grazia!
È la persona quell’oggetto vivente al quale si riferiscono le parole di Zeldin. È la persona quella dimensione che soltanto una realtà di educazione può permettere di scoprire.
Si impara, a comporre la propria musica, a diventare cioè delle persone.
Si impara a scuola.
Si impara attraverso le discipline, anche quelle più ‘tecniche’.
Nessuna area dell’individuo dovrebbe essere esclusa dal diventare strumento a favore di uno sviluppo armonico e felice di Sé.
Forse siamo noi adulti, da qualche decennio, ad essere fortemente in dubbio circa la possibilità che la felicità sia un traguardo raggiungibile. Mi sembra tuttavia ingiusto che a pagarne le conseguenze siano i ‘nostri’ ragazzi e ragazze.
Buona settimana ♡