Scopro CHI SONO e lo scopro DENTRO UNA RELAZIONE
Perché è fondamentale che i due percorsi dell’ORIENTAMENTO e dell’educazione all’AFFETTIVITÀ siano svolti in contemporanea (e lungo i TRE anni)
Buongiorno a te ♡
Dopo qualche settimana (forse anche mese?) ho deciso di tornare all’antico, e quindi di dedicare il martedì ad un percorso mensile di approfondimento. Oggi puoi leggere la prima puntata di questa nuova Stanza di Valore, la n.16.
Essa tratterà di un tema talmente ampio da poter coprire, da solo, la totalità degli obiettivi educativi del ciclo triennale della scuola secondaria di I grado: l’individuo che scopre chi è. Nulla, se letto in quest’ottica, può sfuggire alla tensione dell’adulto che desidera accompagnare il preadolescente (ma anche l’adolescente!) a diventare felice di convivere con se stesso e con gli altri.
Già… la felicità… Quanta paura abbiamo di utilizzarlo, anche questo termine, nella scuola. Preferiamo spesso rimanere sulle nostre posizioni e profonderci in valutazioni di efficienza, di competenza, di misurazione, invece di ‘osare’ inseguire il traguardo di essere autorevoli guide nei primi passi di un percorso che mira esclusivamente al benessere globale dello studente presente e futuro adulto.
Penso che la sfida più grande sia quella di (continuare a) cercare come - dentro le discipline che insegniamo, che sono l’unico strumento di cui siamo in possesso - vi siano tutti quegli elementi ai quali possiamo attingere per dimostrare quanto sia POSSIBILE e REALE l’avvicinamento alla scoperta di sé.
Si tratta di una sfida poiché questo fine determina per forza di cose un ‘rimodellamento’ dei mezzi: revisione delle programmazioni (innanzitutto e in misura rilevante), studio continuo, creazione di nuove collaborazioni interdisciplinari etc.
Ma il gioco vale la candela, eccome! L’esito sono studenti che ci ascoltano non perché devono, e nemmeno perché li stiamo affascinando con gli argomenti che presentiamo.
Non possono fare a meno di darci credito perché quello che stiamo mostrando loro ha a che vedere con la loro vita, con il loro “qui e ora”
Come sempre accade, ciò di cui scrivo qui è frutto di pensieri che si fanno immancabilmente azioni concrete, in classe. E mi sorprende sempre - dopo ventisei anni! - scoprire che ciò che occupa la mia mente si presenta anche come necessità didattica, quasi nello stesso momento e senza che io lo abbia previsto.
Ad esempio, la settimana scorsa raccontavo di avere iniziato i miei percorsi (per docenti, nella forma di corsI di formazione, e nelle scuole, come serie di incontri con gli studenti) nell’ambito Orientamento & Affettività.
Studio, progetto, parlo… ma poi… sono anche in classe, con i miei studenti! E devo dare voce alle ragioni che mi hanno condotta ad effettuare determinate scelte - anche drastiche - di programmazione.
Proprio qualche ora fa ero in terza, l’ora era quella di Scienze. Ad esempio - in tema di scelte di programmazione - in terza scelgo sempre di destinare tre delle sei ore complessive a Scienze, invece delle due come negli anni precedenti. Il metodo nel maneggiare numeri e strutture è ormai sufficientemente consolidato da permettermi di pensare che tre ore di matematica settimanali possano aprire lo sguardo sulla descrizione algebrica del problema. E gli studenti sono sufficientemente adulti da potersi muovere all’interno della disciplina composita ‘Scienze’ con uno stile critico-argomentativo che richiede un tempo un po’ più dilatato.
Ciò a cui, ad esempio, ho deciso di non rinunciare più è affrontare in modo esteso ed approfondito (molto più approfondito di quanto non riportino i manuali di testo per la scuola media) la trattazione del Sistema Nervoso Centrale.
“Eh, facile… Sei biologa!”. Nient’affatto. Non soltanto perché si può essere biologi ed aver dedicato l’80% dei propri corsi all’infinitamente piccolo dei siti attivi delle proteine oppure all’ecologia dei gruppi animali, ma anche perché la stragrande maggioranza di ciò che un docente reputa utile comunicare ai suoi studenti, egli se lo va a costruire e cercare nel corso della sua professione. Post-lauream, quindi. Alla veneranda età di 54 anni, nello scorso mese di luglio, ho avuto modo di formarmi in università su argomenti e temi che hanno integrato l’ambito biologico con quello della sua didattica, della psicologia, delle neuroscienze etc.
Se non avessi seguito quel percorso formativo, probabilmente non avrei effettuato le seguenti scelte sulla programmazione disciplinare.
E nemmeno avrebbero visto la luce i percorsi di cui ti dicevo sopra.
Oggi, dunque, la posta in gioco è stata alta: che cosa è necessario conoscere, della struttura e della fisiologia del Sistema Nervoso Centrale, in modo da diventare felici di convivere con se stessi e con gli altri?
In altre parole:
Che cosa merita di essere conosciuto e studiato - della nostra struttura anatomica - in modo da sapere di avere tutti gli strumenti per poter conoscere chi siamo? Ma anche,
Che cosa si può afferrare (a tredici-quattordici anni) dello studio della fisiologia umana in modo da sapersi accettare per chi e come siamo?
Perché la conoscenza della propria sessualità è fondamentale per orientarsi nella confusione che si sperimenta?
Questo intendo, quando affermo che sono le discipline a doversi piegare allo studente - e cioè all’umano - e non il contrario.
Ma non basta… Perché proprio ieri, con gli stessi studenti (insieme ad altri, sempre di classi terze), avevo concluso il percorso orientativo triennale. Questa mattina, da un certo punto di vista, abbiamo affrontato lo stesso passaggio, anche se da una diversa prospettiva.
Ieri si “parlava” di Orientamento, oggi di neurologia e di Sessualità, ma ciò che in due giorni consecutivi questi studenti si sono visti offrire come esperienza è stata la possibilità di fare pace con se stessi.
Se ti interessa conoscere alcuni dettagli del percorso, puoi seguirmi nella prossima sezione.
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