
“L’educazione alimenta la preziosa facoltà di desiderare, ci aiuta a sperare, ad andare avanti, a perseverare nella ricerca della nostra sorte al passato e per il tempo, tanto o poco, che ci resta da vivere”
(D. Demetrio, L’educazione non è finita, 2009)
Buongiorno ❆
In questi giorni di nuovi inizi, accade di confrontarci sul ruolo - per la società e per il singolo - che la nostra professione svolge. Ci muoviamo allora in un pianeta molto vasto che conta, ai suoi due poli, una figura à la prof. Keating e l’inutile fantoccio che riversa le sue frustrazioni sui suoi studenti, in attesa di godersi i tre-dico-tre mesi di ferie (!).
Prendendo spunto dalle riflessioni di Duccio Demetrio, che mi illuminano sempre, ho provato a stilare un elenco di ciò che - di rilevante per l’essere umano - può compiere un insieme di insegnanti.
E dunque:
La scuola ricorda chi siamo
La scuola rende possibile il sapere
La scuola fa sperimentare lo sviluppo della ragione
La scuola fa sì che ci possiamo riconoscere nelle parole o nello sguardo di altri
La scuola educa alla riconoscenza
La scuola insegna a riconoscere dove e perché abbiamo sbagliato
La scuola insegna la vigile coscienza di esistere [ma quanto è bella questa espressione??]
Non sono forse questi sette punti i pilastri attorno ai quali si stringono le funi quando si scrivono i Regolamenti scolastici, quando si stilano le programmazioni, quando riuniamo i collegi docenti?
Ma, ancor più, quando dobbiamo ridire a noi stessi le ragioni per le quali mandiamo i nostri figli a scuola oppure entriamo per lavorarci, in una scuola?
Il primo punto, per la mia esperienza e sensibilità personale, è quello che regge tutti gli altri: la scuola ricorda a me chi sono. Tutto ciò che, nel corso degli ultimi 47 anni di vita (cioè da quando misi piede, per la prima volta, in un edificio scolastico), ho desiderato, scelto e compiuto ha a che fare con quello che ho rinvenuto nella scuola. E quindi nelle persone nelle quali essa si è incarnata. Persino gli errori che compio e le occasioni perdute hanno a che fare con la scuola.
Tutto ciò che sono e che mi fa ha a che fare con la scuola; con quella che ho frequentato e con quella che contribuisco a creare ogni giorno.
Da quando esiste, essa è luogo e tempo dell’educare, che è azione ineliminabile dell’essere umano.
Un po’ come il valutare.
Entrambe originano dall’instaurarsi di una relazione tra un Io e un Tu.
Se riassegnassimo quei sette punti, modificandone il soggetto agente, potremmo spostarlo infatti sull’educazione. La quale, appunto in base al suo statuto ontologico - di oggetto che esiste solo come relazione, in virtù di una duplice presenza - agisce contemporaneamente su tutti gli attori che ne calcano il palcoscenico.
Anche io, allora, uscendo dall’aula, dovrei chiedermi ogni volta in che cosa sono stata ri-educata grazie all’incontro con i miei studenti. Non penso che ciò svilisca il mio valore o la mia figura come docente, mini la mia autorevolezza né mi avvicini pericolosamente all’immagine di ‘amico’ dei miei studenti.
Sono convinta invece che sia la necessaria riflessione che quei 47 anni di scuola mi hanno insegnato a compiere.
Buona settimana a te ❆
Simona