Eccoci qui. In quel tempo sospeso tra il Natale e Capodanno, che ho imparato ad apprezzare sempre più con il progredire dell’età e (perciò) con l’essermi cucita addosso un lavoro - quello della formazione e della ricerca - che permette di affrancarmi da feste comandate e rentrées standardizzate. Al contempo, la frequentazione di aule e consigli di classe mi rimane a verificare la discesa nel particolare di ciò che un pensiero tocca solo nel generale.
Più prosaicamente - e meno filosoficamente! - quel tempo sospeso è anche quello della taverna con il camino acceso, dei libri regalati dall’amica che ti conosce come la sua tasca, delle cene a mandarini e brodo (vero, per una volta!)
Mi sembrava fuori luogo e francamente davvero pretenzioso scrivere la Lettera del Lunedì, questa settimana, considerando che lunedì era il giorno di Natale… Ed anche quella del Martedì si è lentamente stiracchiata fino ad oggi, come puoi osservare. Ho inoltre deciso che questa Lettera di oggi inglobi in sé quella che ti sarebbe stata recapitata domani; questo, per rendere ragione di un’atmosfera lenta (anche nelle tue letture, immagino) e della sovrapposizione tra formare e orientare, che sono un po’ le due anime di ciò che, nella mia mente, va a definirsi come ‘scuola’.
Riprendo dunque contatto con i miei pensieri, accogliendoli a poco a poco e integrandoli con alcune riflessioni che ho incontrato in queste giornate. E che, riferendosi alle relazioni tra esseri umani, illuminano - poco o tanto che sia - il continente ‘educazione’.
Per i prossimi giorni - a cavallo tra una fine ed un nuovo inizio - ti auguro, come lo auguro a me stessa, che ciò su cui sosti con i pensieri possa rivelarsi sempre espressione di gratitudine e desiderio di bene. Un bene per sé e dunque bene per gli altri.
Oggi inizia il percorso n.9 delle Stanze di Valore mensili. L’ho intitolato “La responsabilità dell’educare” e nasce da una (impegnativa) lettura che ho appena iniziato: Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica (Einaudi, 2009), del filosofo contemporaneo Hans Jonas.
Perché desidero ragionare di responsabilità? Non è ovvio parlarne, quando ci si riferisce alla scuola (o a qualsiasi altra agenzia educativa)?
È uno dei primi concetti che ho rinvenuto nel volume a fornire una iniziale risposta alla domanda posta sopra, quello di reciprocità asimmetrica quale origine della responsabilità. Ho trovato molto interessante la possibilità di leggere qualsiasi relazione nella quale sia coinvolto l’essere umano come una bilancia che non è mai in equilibrio. La presenza dei due piatti garantisce l’essenza dell’essere-in-relazione, mentre il disequilibrio è dato dal coinvolgimento di due realtà non coincidenti.
(Che poi, se ci penso, mi sembra che si possa definire reciprocità asimmetrica anche la relazione che abbiamo con… noi stessi! Tra il Sé presente e quelli che ci stanno alle spalle o prefigurati davanti; ma anche tra le diverse voci che si alternano, nel presente, secondo dopo secondo)
Una prima considerazione, a monte, vorrei dedicarla al concetto di asimmetria. Che, in qualità di educatori, possiamo tradurre - cioè rendere nel particolare - con frasi del tipo “un docente non deve essere amico dei suoi studenti”, “sei suo padre, non un suo amico” etc. In tale disarmonia ‘buona’ io riesco a vedere l’impronta dell’umiltà, della stima, dell’ammirazione, in sostanza di quell’insieme di sentimenti che ci rendono consapevoli che l’altro sia sempre un valore. E mi sto immaginando una simile percezione di disuguaglianza da entrambe le parti in gioco: che si tratti di uno studente nei confronti del suo docente, di un genitore nei confronti del proprio figlio, e delle simmetriche e reciproche scritture. Del resto, quale ‘buon’ insegnante potrebbe mai affermare di non avere imparato dai propri studenti?
Soltanto l’asimmetria è generativa, pone in essere l’ascolto e il dialogo, rende ragione di un’esistenza che è cambiamento perenne.
Rimanendo nell’ambito educativo e formativo, che cosa può insegnarci questo concetto di reciprocità asimmetrica?
Che cosa ci racconta dell’insegnamento, dell’apprendimento, dell’accompagnare un figlio a vivere?
L’etica della responsabilità è un’etica che ha come cardine il concetto di cura. Una cura che possiamo vedere manifestarsi nei confronti di un altro individuo, del pianeta intero, degli eventi passati e delle generazioni future. ‘Cura’ come termine perciò estendibile sia nello spazio che nel tempo, ma sempre definibile come tratto dell’umanità.
Voglio quindi provare a coniugare questa idea globale di cura all’interno del terreno delle relazioni educative, inevitabilmente asimmetriche.
E inizio con un apparente paradosso: se, da un lato, la responsabilità si appoggia alla cura, a sua volta garantita dalla reciprocità asimmetrica, non si può evitare di pensare che dal concetto di asimmetria derivi - inevitabilmente - anche quello di potere.
E quindi, responsabilità e potere sono entrambi figli delle relazioni umane. Forse non hanno entrambi i genitori in comune, ma potremmo anche pensare al ‘femminile’ della reciprocità asimmetrica che si riproduce per partenogenesi.
Del resto, Jonas lo affermava chiaramente:
“soltanto chi detiene una responsabilità (e un potere, determinato dalla presenza della suddetta asimmetria” può agire in modo responsabile o irresponsabile. A sua scelta”
Se entrambe le parti in gioco riconoscono il valore dell’altro, all’interno della relazione educativa, ecco che rispetto, autorevolezza, apertura reciproca non possono che esserne tracce. Spesso ho definito in termini di testimonianza, l’azione che svolgiamo sul palco, davanti ai nostri studenti…
La scuola è dunque il modo con il quale noi agiamo per/su noi stessi, prima che per i nostri studenti.
La scuola è il luogo d’elezione - dopo la famiglia - nel quale il prendersi cura di un altro individuo è sentito come bisogno primario. Ed è perciò il luogo nel quale possiamo agire responsabilmente, giocando un potere rivolto al bene di entrambe le parti di una relazione comunque asimmetrica.
Le differenze individuali non sono da ascrivere al ruolo di ‘docente’ o a quello di ‘studente’, ma all’esistenza di un rapporto inguaribilmente reciproco.
Ma c’è dell’altro…
Nella parte che segue sottoporrò ad indagine un altro equilibrio/disequilibrio: quello tra potere e sapere.
Chiamerò in causa un altro filosofo, di poco precedente a Jonas, che credo ci possa aiutare ad indagare più a fondo il concetto di responsabilità.
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