Buongiorno e buon martedì ✫
Questo è l’ultimo appuntamento del decimo percorso (Una Istituzione per ‘noi’) che ho attivato sulle Lettere. Devo confessarti che le quattro settimane appena trascorse mi hanno lasciato non pochi interrogativi, macro-interrogativi, sul senso della nostra professione. Se mi leggi da un po’, qui oppure su Instagram, saprai che non tollero quel certo vittimismo assai diffuso relativo alla scuola. Se la considerassi un’Istituzione già ‘persa’, scriverei qualcosa di cucina o di animali (perché è ovvio che non potrei non scrivere di qualcosa!).
La scuola non è smarrita, forse la definirei - ma lo è sempre stata, del resto - un po’ scoordinata rispetto al resto, come una traccia audio che non segue il movimento delle labbra sul video. Oseremmo dire che sia la sola Istituzione poco coerente con tutto ciò che la circonda? Non lo credo proprio.
E allora riflettere su ciò che essa è, ancor prima di essere un pachiderma amministrativo, non può certamente farle del male. Né lo può fare a me e a te, che tu sia ancora studente all’Università con la scuola nell’orizzonte oppure già in ruolo da anni.
Del frammento di percorso della scorsa settimana, trattengo e riprendo due concetti:
la scuola come ecosistema
la scuola come luogo di crescita in coscienza ed umanità
Mi piace moltissimo la metafora dell’ecosistema (che ho preso in prestito da uno dei testi di Meirieu), perché davvero la nostra opera nella scuola è quella di accompagnare gli studenti a fare esperienza di una possibilità di rovesciamento della loro relazione con il mondo.
Quante volte, nelle classi, ci troviamo a dover fare i conti con un’abitudine a concepire la realtà come qualcosa che è sempre a disposizione, che viene a te senza che tu ci metta alcuna fatica? Quante volte ci sembra di parlare una lingua sconosciuta?
La realtà che offriamo loro - quella che transita dalle nostre discipline, innanzitutto, e poi dalla nostra persona ed esperienza - è sì a disposizione, ma chiede che ci si metta nell’attitudine del pellegrino che va alla ricerca della sua meta. Questa è una possibilità potentissima per un attuale undicenne (ma anche per studenti più giovani); è rivoluzionaria, eretica quasi. Una possibilità alla quale si tenta di resistere finché si può - e un po’ fa parte anche del gioco delle parti e dell’età - finché l’attrattiva non sia più forte del rifiuto della fatica. E con il termine ‘fatica’ non intendo solamente l’impegno scolastico nell’imparare i paradigmi, ma anche l’attrito che rallenta gli sguardi, che frena la fiducia.
La parola che propongo oggi nel Piccolo Dizionario sentimentale della Scuola è ‘distacchi’ ed essa mi ha consentito di giungere ad un concetto che non sempre ho visto in posizione rilevante all’interno della riflessione pedagogica.
Parlo del sublime.
Il bello, lo vediamo portato come possibilità e ne intuiamo l’impronta in tutto ciò che a scuola si propone. La categoria del sublime - come forse è ovvio che sia - è lasciata nelle retrovie perché indubbiamente inquieta, anche se sbalordisce.
Ecco, mi sembra che per rovesciare la relazione con il mondo di chi abita nelle nostre classi potrebbe, oggi, esserci più utile il sublime del bello. Il bello fa parte di ciò che comunque si conosce, e spesso quindi viene rifiutato a priori. Il sublime rimette il soggetto al proprio posto, perché lascia intuire nuovi rapporti di forza con la realtà.
Per quanto riguarda, invece, la scuola come possibilità di crescere in coscienza ed umanità, vedo in tale orizzonte che possiamo darci (e dare ai nostri studenti) la strada verso la formazione di individualità potenti. ‘Potenti’ nel senso di irripetibili e di consapevoli della propria unicità. Esattamente quello che una certa ‘cultura’ di massa vorrebbe negare!
Ai nostri giovani servirà potenza d’azione, creatività, spirito critico, indipendenza di spirito. In una parola, la mètis…
Propongo quindi di modificare tutti gli accenni alle life skills, tramutandole nel vocabolo ‘mètis’ !
Come conciliare i traguardi delle competenze, i test standardizzati, le competenze civiche con la formazione di individui irripetibili?
(è una domanda che mi pongo spesso e che mi porta ad interrogarmi pesantemente sullo ‘zoccolo delle competenze’ che la scuola dovrebbe fornire. Se ti va, puoi seguire la mia riflessione qui sotto…)
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