Buona giornata! ♡
È un bellissimo lunedì, per me. Non soltanto perché intravedo lì lì per sbocciare i fiori della magnolia, in giardino.


Ieri ho vissuto una giornata intensa ed ispirante, in occasione della manifestazione SFIDE - la scuola di tutti, che si svolgeva dal 14 al 16 marzo in Fiera Milano. Insieme alla mia carissima alter ego Simona Sessini, ho persino avuto l’onore di occupare uno degli spazi workshop, in chiusura di giornata. La cara Sabina Eleonori - persona splendida a priori, ed entusiasta responsabile del settore Scuole per Terre di mezzo - ci aveva infatti chiesto di raccontare ai docenti che cosa significasse applicare una visione ‘per narrazioni’ alla didattica orientativa. Martina Malachin - di SFIDE - ci ha poi, con pazienza e affetto, seguito passo dopo passo, fino ad arrivare alla Sala Dewey, ieri alle 14.
Ma prima, Simona ed io ci eravamo godute l’incontro-intervista con Maria Polita e Pija Lindenbaum (che mi ha fornito parecchie suggestioni, in vista dell’appuntamento del pomeriggio, ma te lo racconterò fra poco) e quello con Daniele Novara.
Durante il nostro workshop sono stata felicissima di incontrare persone - e non soltanto docenti - dedite alla scelta professionale di affiancare adolescenti e preadolescenti nel percorso che conduce alla vita adulta, alla scoperta di sé e del bene da portare nel mondo. Simona ed io avevamo preparato alcune attività didattiche, con l’idea di offrirle ad ognuno dei partecipanti come ‘esperienza per sé’, prima che per studenti o figli.
Incredibilmente - o forse nemmeno tanto - è accaduta la stessa cosa che vivo in occasione di ogni momento di formazione: a mano a mano che sceglievo le parole da dire, sentivo riorganizzarsi i pensieri in forme che, anche soltanto dieci minuti prima, non avrei potuto prevedere.
La didattica della matematica come possibilità di narrazione e la didattica orientativa sono certamente - da più di vent’anni - il mio ambito di ricerca e sperimentazione. Ieri mi pare concordassimo tutti sul fatto che l’invenzione della didattica STEM non sia stato che un ulteriore strumento per tentare di esplicitare il medesimo concetto: (persino) le discipline logico-scientifiche sono il terreno per educare all’argomentazione e sono perciò aree di declinazione del pensiero narrativo.
[→ se volessi lavorare insieme a me su questi temi, ti ricordo che sono sempre attive le Stanze di Valore dedicate: qui trovi la scheda descrittiva del percorso che approfondisce il pensiero narrativo e qui i percorsi rivolti all’orientamento]
Ti dicevo degli spunti che ho rinvenuto nelle parole di Pija Lindenbaum.
Te li riporto qui sotto, parafrasati da me e già - mentre ascoltavo le parole della scrittrice svedese - filtrati attraverso la lente che mi proiettava su ciò che avrei raccontato di lì a qualche ora.
1.
I bambini si muovono nella dimensione del ‘tutto è possibile’, che però si associa all’esercizio di porsi delle grandi domande. Esse sono poi le stesse di quelle che abitano gli adulti, ma diversi sono gli stati emozionali che nell’infanzia vi si associano: impotenza, paura, codardia.
2.
Una storia ‘per bambini’ non deve essere una storia ‘normale’, deve aprire all’imprevisto. Tuttavia, nell’imprevisto deve sempre trovare posto la speranza; i libri ‘fatti bene’ sono quelli che non finiscono quando finiscono.
3.
Il pensiero narrativo - cioè pensiero logico - viene educato dall’uso del racconto per immagini, oggetto completamente diverso dal ‘romanzo illustrato’.
Mi sembra che i punti 1 e 2 esprimano - in un altro versante e con altri linguaggi - la posizione ad orientare alla vita adulta, mentre il punto 3 richiama alla valenza del pensiero narrativo in sé.
Nel momento in cui, nella mia mente, mi sembrava allora che “tutte le cose si incastrassero al punto giusto”, mi sono anche ricordata di un articolo che qualche giorno fa mi ha condiviso un’insegnante. Lo trovi qui. In particolare, mi colpiva il seguente passaggio:
«La storia della critica dimostra che le interpretazioni di un testo sono infinite. Ciò non significa però che esse siano illimitate. Non sono accettabili, per esempio, le interpretazioni che non si cautelano dall’arbitrio interpretativo, non tengono conto del controllo della comunità dei lettori e degli altri interpreti, e che contrastano con le acquisizioni del commento e cioè della semantica, della filologia e della storia»
Allora… Luperini, in quel brano, non si riferisce certamente al dodici-tredicenne che si trova sull’uscio della scelta. Eppure, cavalcando in modo coraggioso (o folle?) l’allegoria, mi è risultato immediato spostarmi nel terreno che vede il Sé come testo da interpretare, nel succedersi degli istanti, delle esperienze e degli incontri di una vita. Facile è soccombere alla narrazione di un testo che abbia illimitate possibilità di interpretazione (“posso davvero diventare quello che voglio?”), quando esse sono soltanto infinite. Il «controllo della comunità dei lettori» non è forse l’affiancamento che noi adulti possiamo compiere nei confronti di questi ragazzi e di queste ragazze? E l’espressione «le acquisizioni del commento e cioè della semantica, della filologia e della storia» non può essere forse traslata a descrivere l’attività educativa e valutativa che costantemente compiamo nei confronti dei nostri giovani?
Insomma, sono rientrata a casa, nel tardo pomeriggio, profondamente grata per la possibilità di crescita che ho avuto e - inutile dirlo! - con alcune idee che si sono messe autonomamente a sobbollire!
Un abbraccio e buona settimana a te ♡