Buon lunedì ♡
Che cosa significa, nell’ambito dell’istruzione-educazione, “andare sano e lontano”?
Oggi è il 17 giugno e indubbiamente stiamo vivendo un ritmo rallentato rispetto a qualche settimana fa. Anche se mi leggi ‘senza-essere-insegnante’ - e al netto delle corse per portare tuo figlio o tua figlia all’oratorio festivo oppure al summer camp - credo che tu possa percepire un vago e lontano senso di sollievo al pensiero di non dover anche solo mentalmente fronteggiare, giorno dopo giorno, l’ansia del controllo dei compiti/l’ansia di vedere svolto uno studio superficiale/l’ansia del voto/l’ansia di (inserisci voce a piacere)...
E allora, poiché appunto è il 17 giugno e l’a.s. 2024-2025 non incombe ancora all’orizzonte, vorrei provare a condividere alcuni pensieri che riguardano la scuola come possibile - quanto amerei scrivere, invece, “necessario”... - luogo di benessere.
Mi faccio guidare da ciò che compare nel documento Slow learning, redatto nel 2022 dall’International Training Center of ILO (dove “ILO” sta per International Labour Organization, una sezione delle Nazioni Unite).
Confesso innanzitutto di essere diventata una devota sostenitrice di tutto ciò che è slow, dopo aver vissuto (come molti di noi) gli anni della giovinezza e degli studi improntati all'etica del traguardo raggiunto nel minor tempo possibile. Accidenti… io frequentavo il liceo negli anni in cui imperava l’etica degli yuppies! Erano gli anni di Wall Street e del mito della superiorità di alcuni indirizzi di studio rispetto ad altri, tanto per intenderci. Eccezion fatta per la soddisfazione personale, non rilevo infatti alcun vantaggio che abbia avuto per la mia vita professionale l’essermi diplomata a 17 anni e laureata a 20! Sono tanto più convinta di essere del tutto onesta nell’affermarlo se considero quello che poi, quando è stato il mio turno di mamma, ho consigliato alle mie figlie: “università sì” solo se tale scelta risponde ad un desiderio di crescita personale e alla prospettiva di una determinata direzione da assegnare alla propria vita, e comunque sempre e solo secondo i ritmi che rispondono alle proprie caratteristiche. Questo può significare fermarsi un anno e intanto lavorare oppure non affannarsi durante la sessione per ‘macinare’ un esame dopo l’altro ma godersi fino in fondo il manuale di Storia Greca, leggere tutti gli articoli, approfondire gli appunti etc.
Diamine, se non ce lo concediamo (soprattutto) all’università, quando mai dovremmo gustare il piacere dello studio?
So benissimo che moltissime persone non condividono questa dimensione lenta dello studio e, del resto, nemmeno ho la pretesa di detenere la verità. Semplicemente dico che aver seguito un certo percorso di evoluzione personale per me ha significato - in una parola - benessere, fisico ed emotivo.
Ed è per questo motivo che, nella scuola, ho sempre tentato di esplorare, insieme ai miei studenti, le diverse possibilità - fornite dalle strategie didattiche o dai molteplici approcci pedagogici - di rendere la scuola un luogo dove fare esperienza dello stare bene.
L’obiezione più comune ad un tale sguardo - chiamiamolo - accogliente sulla scuola e sullo studio è quella che riscontra in esso la manifestazione di un eccesso di lassismo, la selezione di individui indolenti che non potranno che essere, in futuro, un ‘peso per la società’. Chiunque abbia mai messo piede in una classe conosce bene l’abilità che hanno gli studenti di rilevare ‘a distanza’ l’adulto che non pretende e (quindi) non dà, che essi istantaneamente privano di qualsiasi stima o credito.
Conoscere, scoprire (se stessi e il mondo) fa stare bene. Risiede stabilmente nelle dinamiche non solo del cuore ma anche della mente di un qualsiasi essere umano la prospettiva di imparare.
Possiamo far sì che il ritmo dell’apprendere del singolo non sia dissonante rispetto alle esigenze comunitarie, fatte di programmazioni di portare a termine, di valutazioni da ottenere, di competenze da far maturare?
Questa, per me rimane la sfida più importante della scuola. Se siamo disposti - tutti, docenti, famiglie e legislatori - a voler trovare la nota di compromesso (che io ritengo debba essere necessariamente armonizzata sul benessere dell’individuo) allora potremo anche discutere della dispersione, degli esiti dei test standardizzati, della riforma degli istituti professionali.
Fino a quando si intenderà il benessere come un lusso per pochi, nella scuola, sospetto che sempre meno persone lo assoceranno agli anni dello studio.
Buona settimana ♡