Di bellezza 'in sé' e 'per sé'
Come appaiono gli studenti proiettati verso il proprio futuro?
“Proprio adesso che sto per partire, comincio ad entrare nello spirito di questo luogo”
(J. Ruskin)
Buongiorno ✤
Oggi affrontiamo la terza tappa del percorso di formazione n.7, “Insegnare: liberare l’individuo”. Devo confessarti che, durante tutta questa settimana, le ‘chiacchiere’ scambiate qui e su Instagram mi hanno confortato riguardo all’esigenza che abbiamo tutti noi educatori (docenti e famiglie) di vivere la scuola come luogo di esercizio alla democrazia e di possibilità di benessere per gli studenti. In questo senso, penso sia proprio vero che abbiamo il compito di lasciare liberi i Sé dei nostri studenti, nella felicissima ed evocativa espressione coniata dalla mia amica Eleonora (Orsi): “sinceramente immaginare il bene altrui”.
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Mi sono accorta, nel dialogo con altri docenti ma soprattutto con adulti che, benché non siano insegnanti, hanno verso i giovani una sincera ed acuta attenzione, di quanto si senta la mancanza del sottolineare la dimensione estetica del sapere. Spesso, le famiglie hanno la necessità che la scuola metta in luce il valore della conoscenza, non tanto come bello-in-sé ma come bello-per-l’individuo.
Del resto, quando leggiamo di una scuola ‘attenta alla persona’, in fondo è a questo che ci si riferisce.
Siamo onesti, infatti. Con il bello-in-sé siamo abituati a fare i conti: in un certo senso, è la ragione della nostra scelta professionale. Il bello-per-l’individuo, invece, ci mette spesso in crisi, quando non è la causa del nostro demoralizzarci perché “la classe non ha accolto come pensavamo ciò che abbiamo proposto”, perché “non studiano”, perché “sembrano disinteressati a tutto”.
Già altre volte mi sono espressa in modo non del tutto positivo nei confronti dei cosiddetti compiti di realtà, che - perlomeno quando non siano inventati dal docente per la sua classe - mi sembrano tristi pantomime oppure specchietti per le allodole. Quello che penso è che il ‘compito di realtà’ sia appunto quello attraverso il quale lo studente tramuta il sapere, il bello-in-sé, in bello-per-sé.
Tutta la didattica orientativa - quella che non è volta a far rendere consapevoli di competenze, ma a costruire una postura orientata verso il futuro - affonda le sue radici nel concetto che ho appena espresso.
Che caratteristiche presenta lo studente che possiede una simile postura?
(in altri termini: quali effetti positivi potrebbe avere una didattica che si organizzi intorno alla necessità di far esperire il bello-per-sé?)
Ti ricordo che ci stiamo muovendo - è la scelta che avevo espresso la scorsa settimana - nell’ambito dell’estetica della scuola, quale indispensabile prologo alla sua dimensione etica. Di conseguenza, escludo - in modo un po’ integralista, lo ammetto, e certamente in questa fase iniziale della riflessione - la visione per la quale il bello-per-sé appaia nella forma dell’utile.
{Spesso mi hanno descritto come una visionaria (e l’ho sempre considerato un complimento!) e forse quello che ho appena scritto potrebbe sconfinare nel terreno dell’utopia. Tuttavia, venticinque (quest’anno ventisei!) anni di ‘onorata carriera’ mi hanno indubitabilmente dimostrato l’efficacia di un metodo che - nel mio caso - muova dalla scoperta delle relazioni tra i diversi insiemi numerici, che proceda nell’esperienza costante (a lezione e nel lavoro pomeridiano) di come il proprio vissuto si espanda nel gioco con essi, e che si concluda con la possibilità di riconoscere l’errore del commerciante mentre restituisce in mano il resto.
Quando penso al dare la possibilità di fare esperienza del bello-per-sé, immaginandomi il volto di ognuno degli studenti che ho e ho avuto, penso semplicemente ad un modo di spiegare, vivere, la matematica che diventi per ognuno di loro un momento di esplorazione di sé. Dei propri meccanismi di conoscenza, delle emozioni che vi sono associate, dei ricordi che tornano ad emergere…}
Oggi voglio, quindi, elencare quelli che sono i tratti distintivi di uno studente proiettato verso il proprio futuro (dandoti cioè qualche suggerimento di didattica orientativa).
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