Ehi! Ma questo è il CENTESIMO lunedì!
Festeggi insieme a me con 1) un regalo, 2) una visione e 3) una riflessione...?
Buongiorno!
1. IL REGALO
Per 24 ore avrai la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento annuale alle Lettere ad un (giovane) docente con uno sconto del 30%. Riscattando questa offerta, al costo di 42 euro invece dei 60 standard, avrai accesso:
all’intero archivio
ai capitoli già pubblicati di Matematica come scoperta
al podcast “Come siamo diventati umani” nonché
a tutti i 16 percorsi di formazione già attivati
2. UNA VISIONE
Questa sopra è la locandina che ho creato per un evento al quale tengo particolarmente: il primo webinar della serie NARRARE LA SCIENZA.
Ho deciso di assegnare anche questa forma alla mia proposta formativa, dando voce e seguito alla combinazione dalla quale traggo origine: il terreno nel quale si incontrano rigore e poesia, scienza e letteratura, precisione e ambiguità, pensiero logico e pensiero narrativo.
Tutto ciò su cui negli anni ho lavorato e poi proposto ha sempre preso piede in quella terra fertile.
(a proposito, il 16 marzo alle 14 ci vediamo a SFIDE- La scuola di tutti..?! 😍)
E quindi il giorno 4 febbraio incontrerò online i docenti che desiderino proporre alle loro classi un appuntamento un po’ speciale in occasione del 12 febbraio, giorno nel quale si celebra il Darwin day. Presenterò alcune risorse editoriali alle quali poter attingere ed alcune attività didattiche da svolgere al fine non soltanto di garantire una comprensione piena e matura del concetto di evoluzione, ma anche di educare alla formazione di una coscienza critica.
I destinatari sono i docenti della scuola secondaria di 1° grado e del primo biennio del 2° grado.
NB Tutti gli iscritti riceveranno la registrazione video dell’incontro, in modo da potervi partecipare - sebbene in differita - in un periodo denso di riunioni, consigli e scrutini.
Se ti interessa, puoi scaricare qui la scheda con tutte le informazioni (e non dimenticare di comunicarmi la tua presenza, in modo che possa inviarti il link all’incontro!)
3. LA RIFLESSIONE
Per continuare a ragionare di responsabilità educante (discorso che avevo iniziato una settimana fa), ti propongo il secondo appuntamento della relativa Stanza di Valore.
“Paura e speranza” potrebbe essere il titolo del viaggio che ti propongo oggi. Esso elenca quelle che, a mio avviso, sono le tre dimensioni della tensione educativa. A monte di esse, come già ricordavo la scorsa settimana, vi è la cura (e non sarà mai ridondante sottolineare come essa sia la forza motrice di ogni relazione educativa).
Vorrei però sottolineare come, all’interno del complesso che definiamo educazione, le tre dimensioni di cui sopra si integrino a vicenda, istante per istante. Le differenze che allora, con l’andare del tempo, percepiamo nel procedere di una qualsiasi relazione educativa saranno dovute al diverso ‘peso percentuale’ che ognuna di esse manifesta in quel preciso momento.
Per precisare ulteriormente la mia visione, in realtà dovrei riferirmi a due dimensioni (paura e speranza), che insieme danno luogo alla terza, quella globale, della responsabilità.
La cura agirebbe dunque come motore primo e un groviglio sfumato e confuso sarebbe il risultato della decisione di porsi su un piano di relazione con l’altro.
1. Perché la paura?
Ho utilizzato il termine ‘paura’ ma forse sarebbe più adeguato il suo affine e lievemente meno intenso: apprensione. Se ci pensi, sentirsi preoccupati (a volte persino in ansia oppure addirittura angosciati) per l’altro, con il quale siamo in relazione, è la voce che generalmente descrive il movimento dello spirito che ci fa percepire sull’altro piatto della sua stessa bilancia. È un sentire che sorge quando cessa l’indifferenza, quando appunto ci sentiamo coinvolti in un’impresa comune insieme all’altro. Studente, partner o figlio che sia.
Per quanto la nostra competenza come educatori o come professionisti dell’educazione possa non essere messa in dubbio, penso che non si abbia da temere una emozione nei confronti della quale ci sentiamo evidentemente fragili. Ma che è anche fonte di ogni azione di coraggio.
L’educazione non è terreno per pusillanimi.
Noi agiamo consapevolmente come educatori se accettiamo di guardare dritta negli occhi questa paura. Sappiamo benissimo che, a risultato raggiunto (o non raggiunto), dovremo porci nell’ottica di desiderare o di non desiderare di aver agito diversamente. “Con il senno di poi, avrei fatto/detto…” è un pensiero che denota l’adulto consapevole e responsabile.
Ecco perché, sopra, ho considerato fosse opportuno specificare quale accezione della paura io stessi considerando: non quel sentimento che distoglie dall’azione, ma quello che afferma pienamente l’esistenza della relazione.
Questa paura è il sentirsi responsabili in anticipo per un ignoto verso il quale ci stiamo muovendo: il prendersi carico di uno studente o di un figlio.
La responsabilità è un atto di coraggio.
2. Perché la speranza?
Qualsiasi azione umana prevede la speranza. Poiché non avrebbe senso agire se non presupponessimo una possibilità non nulla di ottenere ciò verso cui ci muoviamo. L’ampiezza della zona di contiguità tra quella che è speranza e quella che si è già tramutata in certezza dipende da molteplici condizioni al contorno, non ultimo l’effetto del caso o delle individuali fortune. Una certa sicurezza ed autorevolezza nel procedere professionale, una condizione mentale ed emotiva più o meno favorevole ed una posizione oppositiva o aperta da parte dei due protagonisti della relazione… ecco alcuni dei fattori che vanno poi a determinare le tempistiche del raggiungimento dell’effetto desiderato.
Possiamo definire in modo molto ampio tale effetto: “sa usare la consecutio temporum”; “rispetta le regole condivise”; “si assume il compito che gli è stato affidato e lo porta a termine” etc. Ogni nostra azione educativa mira al raggiungimento di uno scopo ben preciso.
L’oggetto della responsabilità suscita perciò apprensione in chi si appresti a considerarsi in relazione ad esso, ma anche genera la speranza di raggiungere lo scopo prefissato.
Sinceramente, riesco benissimo ad applicare tale modello sia al mio stare quotidiano in classe che alla più che ventennale azione da genitore.
Nella parte seguente della puntata odierna di questo percorso, cercherò di ‘chiudere il cerchio’, tornando al concetto di cura.
Da tempo scrivo della professione docente come di una delle professioni di cura che presentano le nostre società attuali. La dimensione generalmente detta della cura consente infatti di interpretare l’insegnamento in una luce che possa trascendere le competenze didattiche ed abbracciare quelle che si rivolgono all’accoglienza dell’individuo in quanto persona.
Oggi, giungo ad osservare che anche la responsabilità è quindi cura verso un altro individuo; in questo caso, essa si tramuta in un preciso dovere. Mi piace sollecitare questa riflessione perché mette allo specchio due termini che, nel sentire comune, hanno risonanze pressoché opposte: cura e dovere. Ma comunque si guardi la responsabilità, emerge chiaramente la nota dell’apprensione (della paura); questo accade quando l’oggetto della nostra cura, del nostro dovere e della nostra responsabilità si evidenzi nella sua innata fragilità.
Essere vulnerabili è una proprietà che abita in entrambi i termini della relazione (penso che ogni adulto, per quanto autorevole e competente sia, abbia modo di ricordare decine di episodi di vulnerabilità emersi da una relazione educativa).
Che cosa accadrà a quell’individuo se io non mi prendo cura di lui?
E paradossalmente, quanto più saremo impossibilitati a trovare una risposta, tanto più intensa sarà la nostra assunzione di responsabilità…
Un abbraccio e buona settimana a te ♡