Buongiorno e buona settimana ✧
Se mi leggi da un po’, avrai capito quale sia il punto sorgivo dal quale origina la mia ricerca didattica, che, per quanto riguarda un livello di studio trasversale, si concentra da anni sui temi dell’orientamento e della valutazione.
Si tratta di una sorgente che abbevera la mia professione ma che - come dovrebbe sempre essere, credo - trae essa stessa origine dalle rocce del mio Sé. Da ciò che, nel corso degli ultimi decenni (!) ho scoperto essere il punto di appoggio di una leva che costituisce la mia identità. E perciò ritrovo in quel punto l’interesse a) per la filosofia, generalmente detta, prima (e che si è trasformato in percorso ufficiale di formazione), e poi b) per le declinazioni di essa che sono la filosofia del linguaggio e la filosofia del Soggetto, di stampo ricœuriano.
Detta in altri termini, la costruzione narrativa del Sé.
Come a dire che il metodo da cui traggo origine io desidero possa diventare strumento per accompagnare - nell’impresa educativa - un altro a conoscere se stesso. Di qui la volontà di esplorare il tema della scuola orientativa a livello teoretico, innanzitutto, per poi provare a ricavarne percorsi didattici effettivi.
{le Stanze di Valore dedicate all’orientamento, che mi hanno permesso - in questi ultimi due anni - di incontrare tanti colleghi e che si sono trasformate in qualcosa di molto più arricchente che non un semplice ‘servizio’ offerto, da quella mossa presero la rincorsa}
Ti consiglio, a questo riguardo, di andare a spulciare tra ciò che poi inventò una delle mie giovani alunne predilette, Marcella Franzini (in arte, cioè su Instagram, @spincifrin). Il lavoro che ha realizzato, durante lo scorso anno scolastico, con le sue classi dimostra ampiamente che cosa implichi l’aderenza necessaria alla narratività del Sé e la condivisione di un impianto teorico che - soltanto in seguito - diventa creatività ed originalità nella didattica. Lavori stupendi e di ampio respiro sono stati quelli immaginati e portati in classe anche da Silvia Salvaderi e da Chiara Marinzi (le trovi sempre su Instagram), colleghe di grande esperienza, che hanno saputo - ma soprattutto voluto - volgerla in innovazione per i loro studenti.
Quando l’esperienza diventa capace di 'superare’ se stessa fino a farsi tentativo audace: questo io chiamo intelligenza.
E non vedo l’ora di ammirare anche le opere che avranno creato Marta, e Nicoletta, e di Daniela…
Qualche giorno fa, sempre su Instagram, scrivevo un post un po’ provocatorio sul prossimo collegio docenti del mese di settembre: molti di noi avranno la sensazione di sentirsi un po’ in balia di una macchina burocratica senza volto né anima, pochi sapranno di poter contare su una - più o meno ampia - colleganza, insieme alla quale avviare progetti e risalire la corrente del “si è sempre fatto così”...
In ogni caso, Marcella e Silvia e Chiara e Marta e… sono la dimostrazione che si può partire anche dalle mura della propria aula, risvegliare negli studenti uno sguardo ed attrarre a sé nuovi colleghi. In un circolo virtuoso che è quello in cui dobbiamo continuare a credere.
Perché ho voluto ‘farti dei nomi’, oggi?
Perché volevo che fosse chiaro come l’innovazione - non stiamo parlando di società in generale, ma di scuola, eppure il criterio rimane lo stesso - non è mai una questione di strumenti, ma di sguardo. E lo sguardo deve essere accurato, appuntito. Quando tengo i miei appuntamenti di formazione, ti confesso che spesso mi chiedo: “ma sarà questo che vogliono sentirsi dire?”. Mi viene il dubbio, cioè, che sia molto più attraente un ‘metodo’ che sia nettamente strumentale: “per te ha funzionato, quindi lo voglio usare anch’io! Tale e quale”. Eppure, sappiamo benissimo (perché siamo docenti) che non è così che funziona l’educazione… Lo strumento che ho utilizzato io, nel mio contesto, potrebbe benissimo essere il classico cucchiaio per svuotare l’oceano, adoperato da te nel tuo contesto.
Gli strumenti li inventi tu, sta a te farlo. Io ti posso offrire uno sguardo per riconoscere le caratteristiche che deve avere ciò che ti permetterà di operare sulla ‘materia’ che avrai a disposizione tu. Ma per farlo, ho bisogno - è necessario che io lo faccia - di raccontarti una lunga storia.
È un po’ ciò che accadde nel corso dell’evoluzione biologica di strumenti quali gli enzimi oppure gli anticorpi: da un medesimo ‘scheletro di base’, poi si procedette ad affinare, smussare, integrare, affiancare… in modo che ogni molecola fosse poi specifica per il substrato al quale era diretta.
Ma per giungere a perfezionarlo, quello scheletro di base, chissà quanti milioni di combinazioni nucleotidiche diverse sono state necessarie, in una storia di errori e di prove che è durata milioni di anni. L’evoluzione biologica ha agito in questo modo, e l’evoluzione culturale - quindi anche quella scolastica - ricalca le stesse tracce. Arricchimento (genetico/culturale)-tentativo-prova-verifica del risultato, in un percorso iterativo tendente ad infinito.
È quel primo passaggio - quello dell’introduzione di novità - ad agire da trampolino di lancio; esso è caratterizzato da un dispendio energetico enormemente superiore rispetto al risultato al quale mira. Su milioni di sequenze nucleotidiche diverse, soltanto poche - una sola, magari - saranno quelle che si riveleranno adatte allo scopo. Eppure, è nella gratuità e nell’esagerazione di quel passaggio che risiede l’efficacia dell’intero processo. Affinché non si possa parlare di ‘caso fortunato’.
{La storia evolutiva di una molecola è una storia affascinante da seguire, nella quale la quota e la qualità dell’informazione contenuta non sono mai irrilevanti rispetto al contesto biologico}
NdA. Perdona questa lunghissima (e nerdissima) metafora!
Quando penso all’autonomia della scuola, alla personalizzazione dei percorsi, all’inclusività, non mi figuro mai uno strumento perfetto, passato di mano in mano, ma una coorte di persone intelligenti e di buon senso che vogliano creare lo strumento specifico per il loro contesto, avendo guardato con quale spirito aveva agito qualcun altro prima di loro e avendo il desiderio di regalarsi tanto tempo e tante risorse per esplorare, per tentare e verificare.
È il senso ultimo dell’educazione, no…?
Buona continuazione di luglio, buoni pensieri e giornate lente ✧
Simona