La lezione è una composizione armonica
Della melodia più piacevole che uno studente possa ascoltare
Buon lunedì ♡
Qualche giorno fa ho avuto una specie di epifania.
Ho bisogno, prima di arrivare a raccontartela, di una breve Prefazione.
Ascoltando le ‘pillole sui talenti’ che Rita Bellati ci regala su Instagram, già da qualche mese avevo trovato parole, più adeguate di quelle che utilizzo da sempre, per descrivere chi sento di essere. Come sottolinea sempre Rita, si tratta tuttavia un ‘chi’ mutevole, che può veder apparire - nelle diverse fasi della vita - una manifestazione più o meno evidente delle quattro aree di talento che possiamo identificare a livello emozionale-cognitivo.
se ti interessa conoscere il percorso di orientamento “Contro l’equivoco del talento”, che ho costruito per studenti della secondaria di primo grado, scrivimi
Decisamente, più cresco e più mi accorgo che la dimensione ‘ideativa’ - espressa dal desiderio (forse anche abilità e talento ..? ) nel creare connessioni tra elementi distanti - è quella che va a definirmi in modo sempre più netto. Con tutti i pro e i contro del caso.
(Chiederò a Rita se è stata dimostrata una correlazione positiva tra la dimensione IdeationⒸ e la ricorrenza di epifanie!)
(Fine della Prefazione)
In settimana - non ricordo seguendo quale ‘filo’ - mi sono trovata ad ascoltare un Baricco dei tempi che furono. Dei tempi in cui egli narrava di musica, al pubblico in studio e televisivo.
In questa puntata di Totem, ho assistito (assolutamente affascinata, ma del resto ho confessato spesso, qui, tutta la mia ‘debolezza’ per lo scrittore torinese!) alla descrizione di una delle caratteristiche principali del teatro musicale occidentale, che lo scrittore conduce attraverso l’analisi del finale del Guglielmo Tell: la cadenza d’inganno.
Se hai trentasei minuti da regalarti, offriti l’ascolto delle parole di Baricco… penso che mi ringrazierai.
In breve, la cadenza d’inganno è uno stratagemma armonico che i compositori (tra cui Rossini nel Guglielmo Tell, appunto) adottano quando vogliono “rinviare il piacere” nel pubblico. Il piacere dell’ascoltatore generato dall’anticipazione mentale della melodia. Se la cadenza d’inganno propriamente detta è perciò una tecnica armonica, di sospensione dello spettro armonico ed emotivo, non facciamo fatica a credere come essa diventi strumento potentissimo in mano a qualsiasi narratore.
Baricco la descrive, metaforicamente, più o meno così (la parafrasi è mia):
se il ‘ritorno a casa’ è uno dei temi forti del teatro musicale occidentale, la cadenza d’inganno si ha quando, pensando di essere ‘tornati a casa’, ci si scopre in realtà in un altro luogo. È un luogo che presenta molte affinità con il ‘nostro’, ma non lo è fino in fondo, e quindi veniamo colti da un sentimento di inquietudine dato dalla sensazione di spaesamento che viviamo. Soltanto in seguito, dopo alcuni passaggi, verremo effettivamente
riportati ‘a casa’, il luogo dove sin dall’inizio volevamo tornare
Perché in apertura ho parlato di ‘epifania’?
Perché mi sono accorta che “cadenza d’inganno” è esattamente l’espressione con la quale posso adesso descrivere ciò che qui racconto da qualche settimana, da quando cioè ho iniziato a presentare al pubblico il Quaderno dell’Avventuriero.
Se il Quaderno è un percorso, per lo studente e per la classe, alla riscoperta del valore dello stupore, allora le cose stanno esattamente come afferma Baricco: in classe si agisce per generare il sollevarsi dello stupore.
Ma chi è ad agire? Il compositore, dice Baricco. Il docente, riecheggio io.
Quel docente che si trova ad essere, più di ogni altra cosa, un aedo della sua disciplina, e che (in quanto tale) gioca con gli elementi ed oggetti di essa in modo da suscitare la nascita dello stupore. Il quale, come lo esprimeva Baricco attraverso l’uso della sua metafora ‘domestica’, possiede un profondo elemento perturbante.
Non possono non venirmi immediatamente alla memoria le prime ore che si trascorrono in una classe iniziale (in una prima media così come all’inizio del biennio). Invece di ‘somministrare’ un test d’ingresso - la peggiore delle pessime abitudini di noi docenti, a mio personalissimo avviso - perché non dedicare un’ora a svolgere la seguente composizione?
ripresa di un argomento del ciclo precedente che affronteremo nelle primissime settimane di lezione (ad esempio, nel mio caso, i numeri naturali)
ragionare insieme su qualche conoscenza posseduta (nel mio caso, il concetto di sottrazione)
introdurre un elemento discordante (nel mio caso, “definiresti l’operazione 2-3 un’operazione possibile?”)
‘tornare a casa’ (nel mio caso, dimostrando che l’uscita dall’insieme N attraverso la sottrazione non definisce affatto l’impossibilità di una operazione)
Avremo generato, nella mente degli studenti, quella sospensione dello spettro emotivo (nel nostro caso, anche cognitivo): avremo instaurato la relazione educativa nel migliore dei modi.
Lo raccontavo venerdì scorso ai docenti di una scuola media, che mi hanno invitato ad aprire il percorso triennale della didattica orientativa: non è la volontà di ‘generare dubbio’ ad essere il proprio del docente; lo è invece la capacità di mettere in luce le falle del sistema, sfruttarle per generare (scegli il termine che più ti risuona) stupore/meraviglia/interesse/fascino, ed infine ricomporle in una nuova (e più complessa) visione della disciplina.
Pensaci… Quanti “animi perturbati” generò Einstein quando dimostrò che la ‘casa’ newtoniana non era più laddove si pensava che fosse?
A te e a tutti noi auguro - oggi e in futuro - di essere sempre i compositori delle nostre discipline.
Buona settimana ♡