Buon venerdì ✰
Contro la performatività.
Educazione emozionale.
Lo studente come persona.
Life skills.
Orientamento per la vita.
Se oggi fosse il 22 settembre 2013, il palinsesto educativo che ti ho riassunto sopra non troverebbe spazio in alcuna scuola. Non soltanto italiana.
Che cosa è cambiato in dieci anni?
A che cosa serve imparare? A che cosa serve andare a scuola?
In questo inizio di anno scolastico, mi sono trovata in più occasioni ad affrontare quel tema con i miei studenti. Tanto da chiedermi, ancora una volta, quale sia lo scopo per cui ritengo fondamentale ‘tenere in piedi’ nei luoghi istituzionalizzati dell’apprendimento.
Lo scrivevo anche nella Guida del Manuale per l’Orientamento: leggere, scrivere e far di conto non possono più essere lo scopo della scuola, nemmeno di quella primaria.
Dobbiamo renderci conto che ‘apprendere’ è, oggi, un verbo che si coniuga al futuro.
Se io desidero che i miei studenti imparino ad affrontare un’equazione o che conoscano i fondamenti della biologia evoluzionistica (tanto per attingere ad oggetti ‘di casa’!), lo faccio non con lo scopo che queste conoscenze/abilità/competenze risultino a loro utili fra due, cinque o dieci anni. Che permettano loro di ‘vivere di rendita’ (quanto odio questa espressione!) fino in terza superiore.
Saper interpretare un’equazione o rileggere la storia dei Primati voglio che sia per loro un’esperienza di pensiero. Attuale. Nel loro presente.
E che, di conseguenza, apprendere rappresenti sempre una scommessa che loro stessi compiono sul loro futuro.
In un’epoca nella quale tutto - in primis la tecnologia per lo sviluppo - scivola sotto i piedi [durante i percorsi sull’orientamento insisto sempre molto sull’educare i giovani al senso del futuro, per la stessa ragione per la quale ho voluto progettare le prime attività del Manuale intorno a queste riflessioni], è l’esperienza - costante, continuativa, soddisfacente - del pensare che costituisce la scommessa sul proprio futuro.
Apprendere serve a questo. E non posso non ricordare le parole di Edgar Morin, il primo pensatore a rendersi conto della necessità di un paradigma nuovo per l’educazione:
“Non si elimina l’incertezza, si impara a negoziare con essa”
Ecco. Per me insegnare (insegnare ad apprendere, forse sarebbe meglio dire) significa fornire gli strumenti e creare le esperienze che permettano ai miei studenti - fra due, cinque o dieci anni - di “negoziare con l’incertezza” della loro vita.
Tenere il timone fisso sulla persona significa questo.
Invece di chiederci “che cosa sanno?” (e di chiederlo a loro, al ritmo di cadenzate verifiche), sarebbe bello se imparassimo a chiederci “che cosa potrebbero mai diventare?”.
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