Buon lunedì ♡
Ti scrivo mentre il naso mi sgocciola, tossicchio e sento qualche vago brividino… È proprio ricominciata la scuola!
Questa mattina (ti scrivo al termine della domenica) mia figlia grande è scesa come un tornado nel mio studio e mi ha detto: “Mamma, rimettiamo a posto la tua biblioteca!”. Quindi il video che avevo caricato la scorsa settimana è già obsoleto! Perlomeno nei suoi secondi finali, relativi a quella parte della libreria dove avevo adagiato i testi della letteratura e della filosofia classiche. Ah, e quell’ultimo spazio nell’armadio - ricordi? - è stato riempito: tutto ciò che aveva vagamente a che fare con il linguaggio (ma non con la sua evoluzione) è stato lì trasferito.
Abbiamo anche creato una sezione di Storia e, ad essa confinante, una di Archeologia. Cosa di cui sono immensamente felice perché, finché ho frequentato le elementari, volevo assolutamente diventare archeologa. Come tanti, credo. Ho un paio di titoli che ho scoperto ultimamente e che vorrei acquistare. Magari li tramuterò in (auto)regali di Natale.
Questa ‘cosa’ dell’Archeologia mi è tornata in mente dopo l’incontro di lunedì scorso presso La Sartoria Letteraria, di Stefania e Francesca, a Bresso (MI). Parlando di scuola, conoscenza, studio e lavoro con quella ventina di (sveglissimi!) futuri uomini e donne tra i 10 e i 12 anni, mi sono ricordata di com’era bello quando si aveva l’età in cui l’idea del ‘lavoro futuro’ era tutta ingioiellata e brillante.
Un po’ come “la Simona archeologa” della fine degli anni Settanta
Non ho voluto essere, tuttavia, per quei ragazzi e ragazze, l’adulto che “rompeva le uova nel paniere”. Tutt'altro. Ho voluto - nell’ora della nostra discussione - rimanere la persona che faceva loro intuire (e in qualche occasione riusciva anche a dimostrare) che rimane la concreta possibilità che gli anni dello studio siano, a tutti gli effetti, anni che permettono di approfondire la consapevolezza di sé.
Insegnando a guardare la realtà con mille occhi diversi.
“Qual è lo sguardo che più mi corrisponderà?” “Quale sarà quello con il quale preferirò esprimere me stesso da grande?” Non vi è altro modo di scoprirlo se non sperimentarli tutti (o molti di essi).
Nella scuola.
Studiando, imparando, scoprendo. Sbagliando.
Abbiamo svolto anche una semplice attività, tra forbici e figure piane, a partire da quella piccola grande meraviglia che è Flatlandia, di E. Abbott; testo con il quale - se fossi Ministro dell’Istruzione - obbligherei ad iniziare qualsiasi programmazione di Geometria, dalle medie in su.
Mi sono chiesta perché, se avessi avuto davanti degli studenti delle superiori, gli occhi sarebbero stati molto più spenti e probabilmente nessuno di loro avrebbe pensato di lavorare sulla Geometria rispondendo alle (banalissime, stupide) domande alle quali invece quei bambini e bambine facevano a gare per rispondere.
Me lo sono chiesto e, purtroppo, la risposta me la sono anche data. E non c’entra lo sviluppo emotivo dell’adolescente, il senso di ribellione, il cinismo nascente.
Temo che la risposta abbia molto a che vedere con il come si ritiene debba venir presentata la Geometria - nel caso specifico, ma estendi pure a tutto lo scibile - se la vuoi davvero conoscere. Se vuoi farne la tua competenza d’elezione; se vuoi che diventi la tua professione. Cioè ‘fuori’ dalla scuola primaria.
Perché, oltre i 10 anni, si pensa che lo sguardo non sia più tutto?
Perché la conoscenza di uno qualsiasi dei teoremi dovrebbe primeggiare sulla possibilità di descrivere la realtà? Perché la conoscenza certa del linguaggio formale dovrebbe essere più importante della capacità di porsi domande e di cogliere il senso di una domanda?
Non sto dicendo che si possa fare a meno del teorema di Pitagora. Ma sto affermando che per imparare un teorema di Pitagora bastano cinque minuti ed un livello-base di memorizzazione, mentre per immaginare una superficie sferica che si schiacci sul piano è necessario essere stati abituati a pensarla come possibilità.
Troppo poco spazio (e tempo, di conseguenza) viene dato alle necessità dell’immaginazione, nella scuola secondaria.
(fortunatamente conosco anche colleghi, come Chiara e Ale, che di questa ‘sfida della geometria’ si stanno facendo portatori…)
Un abbraccio e buona settimana ♡