Buongiorno ♡
Vi è un concetto che impera nell’esperienza dello studio, anche se decidiamo di non adeguarci ad un’idea neoliberista di scuola né impostiamo la nostra relazione didattica in termini di performatività, e questo è l’efficacia.
Accompagnare gli studenti nella costruzione del metodo di studio e guidarli nelle fasi cruciali dei percorsi orientativi implica la progettazione e conduzione di esperienze che lascino a ragazzi e ragazze la possibilità di autovalutarsi in termini di efficacia dei processi di apprendimento. Tuttavia…
Che cosa può insegnarci l’analisi del termine ‘efficacia’?
Siamo certi che il significato che diamo a questo termine non rischi di risultare ambiguo e quindi possa, più che favorire la valutazione che si fa del proprio lavoro, nuocere ad essa?
Sono consapevole del fatto che ti propongo oggi di indagare un ambito che, nella percezione della nostra professionalità, abbiamo sempre dato per scontato, e che perciò sto per avviare una provocazione forte intorno ad un concetto che non sembrerebbe dover essere messo in discussione.
Ma - se mi conosci un po’, ormai lo sai bene! - mi attrae il dibattito intorno a tutto ciò che abbiamo sempre dato per scontato…
Il mio scopo, oggi, è provare a farti analizzare ciò che comunemente si considera un processo scolastico o una scelta scolastica efficace, in modo che tu possa poi tradurre le riflessioni che ne trarrai in esperienze da proporre ai tuoi studenti, che li possano aiutare nella valutazione dei loro apprendimenti.
In questo numero delle Lettere, dunque, TU sarai la cavia di un esperimento didattico, e dall’analisi dei risultati potrai decidere a) quale concetto di efficacia trasmettere poi ai tuoi studenti e b) su che cosa farli lavorare.
Parrebbe infatti immediato descrivere i contorni dell’efficacia in termini di mezzi e di traguardi: se un processo è efficace, allora significa che gli strumenti X, che esso mette in atto, permettono di raggiungere il risultato Y. Una certa forma di ricerca didattica aderisce pienamente a questa definizione: l’efficacia viene definita esclusivamente dalla relazione di causalità tra i mezzi X e il risultato Y, avendo di per sé un valore neutrale. Se accettiamo la neutralità valoriale dell’efficacia-in-sé, allora consideriamo gli strumenti che mettiamo in atto soltanto nella prospettiva del risultato che permettono di raggiungere. Ad esempio, se un martello è uno strumento efficace per appendere un quadro, dobbiamo considerarlo tale anche quando il chiodo si incunea nella carne di un uomo e lo immobilizza su una croce (...).
Non sempre, tuttavia, l’efficacia porta con sé una declinazione di neutralità. Vedremo perché e ci interrogheremo quindi anche sulla ‘correttezza etica’ del sottolineare al pubblico una certa tipologia di esiti (se stai pensando come me alle derive imposte dall’idea di scuola-azienda, troverai pane per i tuoi denti!)
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