Buongiorno.
“No, grazie, non mi interessa”
Sappiamo gestire il nostro rapporto con l’interesse? Prima ancora di occuparci di rilevare/definire/ampliare gli interessi dei nostri studenti, dei nostri figli - o anche di noi stessi, certo! - siamo in grado di certificarne il perimetro?
Ad esempio, in quale relazione si pone l’interesse che X manifesta nei confronti della mia disciplina con le sue attitudini all’interno di essa?
L’interesse è una voce del carattere, un tratto della personalità, una peculiarità individuale?
Gli interessi si sviluppano in conseguenza di un’esperienza o invece la dirigono, la orientano?
In che misura gli interessi influenzano la scelta di un percorso di studi?
L’interesse decreta in modo inevitabile la riuscita professionale?
E ancora…
Come portare alla luce gli interessi di un giovane? L’affermazione da parte sua è sufficiente?
“L’interesse è sintomo di un bisogno” scriveva Claparède nel 1943. “È un bisogno che tende a soddisfarsi”. Per il pedagogista svizzero, l’interesse è un bisogno mentale in grado di suscitare un’attività destinata a soddisfarlo.
Senza rubare il lavoro agli psicologi, trovo però molto interessante (...!) questa struttura ciclica nella quale sono coinvolti interessi, bisogni ed esperienze.
In particolare, è il termine ‘bisogno’ a sollecitare la mia riflessione. Se infatti, per quanto riguarda le nostre azioni nella scuola, siamo potentemente orientati alla costruzione di esperienze, e se la rilevazione degli interessi individuali è traguardo essenziale, credo di non sbagliare nel dire che siamo meno abituati a considerare i bisogni dei nostri studenti. Mi riferisco, ne se accettiamo la rappresentazione, ai due piani superiori della piramide di Maslow:
Quando ci esprimiamo, riferendoci a X, in termini di “interesse per la matematica”, qual è il bisogno di X che siamo riusciti ad intercettare grazie alla progettazione didattica?
Esprimere la tensione che anima ogni nostro studente o studentessa X come bisogno e non come interesse penso ci possa aiutare a scandagliarne più in profondità il groviglio cognitivo-emozionale. Saremo più abili nell’accompagnarlo o accompagnarla a delineare il suo orizzonte? Non lo so. Però credo che spostare il focus sui bisogni sia l’azione necessaria se vogliamo concretizzare l’individualizzazione della didattica; e non soltanto perché, in questo modo, rispetteremmo maggiormente lo studente come persona, ma anche perché stabiliremmo una connessione più intima e meno fredda con lui.
Ti saluto con una domanda spinosa: la tua professione o immagine attuale di quale tuo bisogno profondo è la risposta?
Buona settimana…
Hai ragione, è una domanda spinosa! Pensandoci credo che all’inizio, da giovane docente , ti avrei risposto che il mio bisogno era quello di preparare i miei studenti ad un futuro grandioso. Ora il bisogno è diverso: creare negli studenti la scoperta di sé e in questo modo mandare nella mischia individui e uomini certi che ne valga la pena! Buona domenica!!
Ho scaricato l’app di Substack!!
Bellissima riflessione Simo. Foriera di implicazioni e ricadute. Grazie mille