Buon venerdì!
Prima di iniziare con la riflessione di oggi, che vuole mettere in luce come si possa lavorare sulle credenze degli studenti, vorrei condividere due cose. Sì, proprio due.
Voglio raccontartele perché sono, a ben vedere, collegate tra loro e perché entrambe descrivono le scelte che ho intrapreso durante quest’anno e delle quali non potrei essere più felice.
1.
Ieri è iniziato il percorso Febbraio: 29 parole per raccontare la scuola.
La parola che ieri ho scelto per introdurre il viaggio è stata ‘nostalgia’. Ho raccontato perché, nella mia storia personale, la associo da sempre allo studio e perché continuo a ritenere che essa alluda meravigliosamente alla professione docente ma anche allo spirito di ogni educatore e di tutti coloro che vedono nello studio una possibilità di realizzazione personale.
Non vedo l’ora di scrivere, ogni giorno, i lemmi che ancora mi mancano di questo progetto, che ho infatti chiamato - tra me e me - Piccolo Dizionario Sentimentale dell’Educazione. La forma mi è stata suggerita anche dal fatto che, il giorno 1° marzo, tutti gli iscritti riceveranno l’e-book completo.
[se ti interessa iscriverti, puoi farlo anche adesso (scrivimi e ti spiegherò come procedere). Ti invierò subito la lettera di ieri e quella di oggi e, da domani, farai automaticamente parte del programma]
2.
Il progetto delle Lettere ad un (giovane) docente sta davvero colmando le mie giornate (in termini di ore!... ma soprattutto di gioia e soddisfazione) ed ho quindi deciso che, a tutti coloro che me lo richiederanno, offrirò un mese di abbonamento. Se poi, al termine del periodo gratuito, vorranno confermare la fiducia e la stima in ciò che produco, ne sarò evidentemente felice. Ho sempre scritto di volere che la sostenibilità coinvolga anche la modalità con la quale mi propongo in ambito culturale e formativo; mi sembra quindi una buona idea andare incontro anche a coloro che potrebbero essere interessati ma incerti se intraprendere un rapporto di ‘utenza’ con me.
Quindi, aspetto anche te!
Ma veniamo adesso alle ‘questioni del venerdì’.
La suggestione che ha dato il via alla riflessione odierna è nata qualche mese fa, quando avevo chiesto ai miei di seconda di fermarsi un attimo a riflettere sulla loro attuale localizzazione, all’interno del percorso che li condurrà (fra un anno giusto giusto) ad esprimere la loro scelta per la scuola superiore.
Mi interessava molto ragionare sul fatto se le scelte che gli studenti esprimono possano riferirsi alla categoria psicologica della credenza. Nell’ambito della teoria della mente, le credenze sono quegli stati mentali che sono generati da esperienze percettive (mentre i desideri sono gli stati generati da emozioni o stati fisiologici). Già questo aspetto mi sembra interessantissimo: quando svolgiamo le nostre attività legate alla didattica orientativa, facciamo leva sui desideri degli studenti o sulle loro credenze? Evidentemente, a seconda del traguardo che ci porremo, attueremo una progettazione completamente diversa in un caso e nell’altro.
Sarebbe utile che ponessimo a noi stessi - ma ancor meglio ai nostri colleghi del consiglio di classe - la domanda: “Il percorso che voglio progettare per la classe X si focalizzerà sul porre in luce i desideri oppure le credenze degli studenti?”.
In entrambi i casi, i docenti progetteranno attività che possano rendere gli studenti consapevoli di ciò che stanno provando mentre le svolgono. Tuttavia, se l’orizzonte è la delucidazione del desiderio, allora - più che l’attività in sé - saranno da richiamare alla memoria le emozioni provate; se il focus è la credenza, sarà l’esperienza didattica in sé a dover essere in seguito analizzata.
La realizzazione o meno di un desiderio genera felicità/tristezza, mentre la conferma o meno di una credenza dà origine a soddisfazione/sconcerto.
Penso che, all’interno di un percorso orientativo serio e complesso, entrambe le visioni debbano trovare luogo, affiancarsi ed integrarsi. In modo che ogni studente arrivi a possedere pienamente le categorie nelle quali si muove il proprio stato emotivo (banalmente, il livello di felicità) e la propria autostima.
Oggi vorrei spostarmi sulle credenze, forse perché il termine ‘desiderio’ è già, più comunemente e spesso, utilizzato nelle attività e nelle proposte che avanziamo agli studenti.
Immaginiamo dunque di creare un percorso di attività (quindi di esperienze percettive) disciplinari che possa aiutare il singolo studente a mettere in chiaro alcune sue credenze.
Ma non finisce qui!
Perché penso che, a questo punto, dovremmo avviare un percorso che possa permettergli di rispondere alla domanda che ho posto come titolo: Perché ci credi?
PS Voglio sottolineare come richieste simili siano a tutti gli effetti patrimonio della scuola, di una scuola ‘ben fatta’ (come direbbe Morin!) e non da demandare ad enti o figure esterne (finché la necessità del caso particolare non se ne presenti). Forse non siamo in grado, come docenti, di progettare una, due o più attività che chiedano agli studenti di analizzare se stessi e il modo in cui hanno vissuto/percepito le esperienze di lavoro? Forse non siamo in grado di dedicare qualche settimana del nostro prezioso tempo in classe per queste attività?
Dunque… perché ci credi?
Il punto è quindi riuscire ad indagare la motivazione che regge una credenza.
Leggendo e studiando, in questi giorni, mi è parso di individuarne 6.
Il controllo. La credenza alla quale ci affidiamo agisce come una sorta di forza stabilizzatrice, infondendo ordine e coerenza.
Prova a chiederti se il tuo studente X o la tua studentessa Y hanno mai manifestato tale ‘spinta del controllo’, nella scelta di un percorso di scuola superiore. Meglio ancora… tu l’hai mai manifestata?
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