“Si deve procedere attraverso il problema estetico, dacché è attraverso la bellezza che si perviene alla libertà”
(F. Schiller)
Buongiorno ✤
Il titolo del percorso n.7 di formazione che oggi affronta la sua seconda tappa è, se ricordi, “Insegnare: liberare l’individuo”. Anzi, riprendendo la riflessione di Reboul della scorsa settimana, forse sarebbe più corretto dire “liberare e unire gli individui”, secondo un’etica della cittadinanza che non può essere confinata alle ore di Educazione Civica. Questa mattina, se hai ‘incrociato’ il mio post su Instagram, avrai osservato come ho voluto infatti sottolineare la dimensione di esercizio alla democrazia attuata dalla scuola.
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Se la consapevolezza di una cittadinanza attiva chiama ad una dimensione etica, non dovremmo tuttavia dimenticare che la scuola - ovvero le discipline, tutte ed ognuna nel suo proprio - educa anche ad una estetica del partecipare democratico.
Io penso che la scuola funzioni, che la società funzioni, che l’individuo abbia una possibilità di essere felice… solo se etica ed estetica riescono a procedere di pari passo.
Non lo pensi anche tu?
Che cosa intendo con l’espressione che ho utilizzato prima, “estetica del partecipare democratico” ?
Penso al diritto che hanno tutti gli studenti di poter conoscere l’eredità culturale (di conoscenze, strategie, domande, ipotesi e riflessioni) che viene consegnata loro dal sistema di istruzione. E conoscere tali oggetti culturali è già in sé un’esperienza estetica, mi pare ovvio. Ci rifletto ancora un po’ e mi dico che gli apprendimenti che riescono a realizzarsi sono la prova del fatto che ciò che si è acquisito (strumenti e/o competenze) ha senso soltanto perché si inizia ad esercitarne la custodia.
La scuola, il singolo docente, non trasmettono dunque conoscenze (ormai abbiamo capito come leggere la nostra professione) ma qualcosa di più serio comunque trasmettono: la presa in carico di quegli oggetti culturali.
Ed ecco che l’estetica si tramuta (anzi, si duplica) in etica.
La seconda (di esperienza) come conseguenza della prima, e mai il contrario. Mentre spesso mi accade di osservare come l’equilibrio venga rovesciato, o addirittura il primo dei due elementi sia eliminato.
Non diamola mai per scontata, la dimensione estetica di ciò che proponiamo. Fosse anche il teorema di Cauchy oppure le congiunzioni subordinanti. Non releghiamo i nostri studenti alla sola esperienza etica del lavoro scolastico! Per questo motivo mi irrito profondamente quando sento alcuni genitori (e anche tanti colleghi, devo dire!) esprimersi in termini di: “Certo che deve studiare! È il suo lavoro!”. No, non è il suo lavoro e nemmeno è solo una responsabilità: in primis è un diritto.
Si tratta del diritto, dello studente, di godere della ‘catena di simboli’ che ha alle spalle; dello stupore di diventarne custode a sua volta; del nascere della responsabilità relativa e dell’accorgersi della sua necessità.
In quest’ottica, tutte le ore di lezione sono ore di Educazione Civica.
Quali sono le conseguenze dell’esercizio di quel diritto? Di un diritto, oltretutto, posto in essere con costanza, in tutte le discipline, manifestato nei cento linguaggi che compongono l’individuo. Che cosa possiamo ottenere ponendo, senza requie, gli studenti di fronte a quel patrimonio, chiedendo loro di diventarne custodi a loro volta?
Mi piace pensare che i miei studenti, nei tre anni in cui mi avranno frequentata, abbiano colto i segreti della materia; apprezzato maggiormente le falle, le storture, che non le rette applicazioni della matematica; (e soprattutto) abbiano sperimentato - anche se spesso solo intuìto - le contaminazioni tra essa e la restante parte del sapere umano.
E allora ciò che dovremmo chiedere agli studenti non è l’esercizio di un dovere - quello di apprendere - ma l’assunzione di una postura.
Una postura di ascolto, che solleciti ogni studente a trarre ispirazione da ciò che gli è stato assegnato in custodia e lo ponga in un continuo stato di interazione con esso.
Oggi ti racconto che cosa intendo per una ‘educazione alla cittadinanza’ che prenda piede nelle mie ore di lezione.
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