
Buon lunedì! ♡
L’ultima volta che ho bussato alla tua casella di posta, lo facevo scrivendo “il coraggio di essere insegnanti che pensano”. Mi stavo interrogando su come fosse possibile confondere la causa con la conseguenza, le decisioni con gli effetti di esse, le scelte con gli strumenti.
Mi interrogavo perché - in questi mesi nei quali sto affiancando le scuole sul tema “interdisciplinarietà e didattica STE(A)M” - mi sto accorgendo della vistosa differenza tra:
1) i collegi dei docenti che considerano i due oggetti del percorso quali elementi scorrelati (sono coloro i quali, nella maggior parte dei casi, agiscono sull’onda dell’euforia digitale, quasi fossero dei dodicenni ai quali è stato appena regalato uno smartphone. PS E, come dodicenni convinti di avere il mondo ai propri piedi, entrano infatti in chiamata dopo mezz’ora e tengono sempre la webcam spenta 😰)
e
2) i collegi che prima si pongono delle domande e dopo riflettono su quale strada - analogica o digitale - sia meglio perseguire.
Inutile dire che i secondi hanno una marcia in più nella programmazione e nella comunanza di intenti educativi…
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A proposito, vorrei dedicare i mesi di giugno-luglio-agosto ad attivare un percorso (trimestrale appunto) dedicato all’esemplificazione di come una sensata didattica interdisciplinare possa oggi intersecare le risorse del web (risorse che NON appartengono più alla definizione “software”... ne siamo tutti convinti, vero?).
Se pensi che possa interessarti, ti chiedo di rispondere a questa e-mail, specificando se insegni alla primaria oppure alla secondaria e quale sia il tuo ambito disciplinare.
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Fra un’oretta, infatti, mi troverò ad esempio con il mio splendido gruppo di maestre (evidentemente appartenente alla tipologia (2) dei collegi!) a ragionare di quanto possa essere insensata la richiesta di un’educazione alla cittadinanza globale rivolta a bambini che a malapena sanno il nome della regione in cui vivono.
A meno che…
A meno che i giochi - digitali, per carità! - che hanno come oggetto la tabella degli obiettivi dell’Agenda 2030 siano una scelta successiva (e secondaria) rispetto ad un fare esperienza pensato per il bambino di 7 anni. Ed ecco che perciò il concetto di ‘globale’ arriva a comprendere il compagno di banco, mentre per il confine della classe c’è tempo. Un tempo che si gioca in settimane; esse peseranno come gli anni di un’altra fascia d’età.
Che contorni assegna quello stesso bambino di 7 anni alla parola ‘giustizia’? Oppure al termine ‘pace’?
Non è la didattica STE(A)M quella che può garantire la comprensione di un ‘locale’ che diventa piano piano ‘globale’. O forse potrebbe anche esserlo, a patto di non chiudersi all’interno del proprio mirabolante recinto.
Le discipline STE(A)M - e chi le insegna - corrono questo rischio: il rischio di porsi e di agire esattamente in contrasto con il concetto di interdisciplinarietà.
E - come sempre - poveri studenti…
Ad esempio, conosci questa meraviglia? Questo è il digitale che mi piace. Potrebbe essere considerato web 1.0, buono per funzionare da archivio e nulla più. E invece il progetto del Cremit potrebbe davvero essere la dimostrazione di una didattica della geografia che si fa ‘contenitore’ per qualsiasi altro progetto, che diventa ponte dal ‘locale’ al ‘globale’.
E che davvero, per il bambino di 7 anni, si rivela strumento di significato.
(se lo userai in classe, fammelo poi sapere!)
Un abbraccio e buona settimana a te ♡