Buon venerdì ❃
Proseguono i miei colloqui d’esame ed è incredibile come, all’uscita di ogni candidato, io (ri)verifichi il senso di tutto ciò che è l’insegnamento, ma anche le storture alle quali può andare incontro.
Il colloquio finale dell’Esame di Stato del primo ciclo è il momento nel quale assume significato la direzione nella quale ci siamo mossi - come singoli e come consiglio di classe - per quello specifico studente. Ogni scelta, ogni azione - e soprattutto quelle meno predeterminate - che avremo compiuto per e insieme a lui o lei, si tramuta, durante quei trenta-quaranta minuti di colloquio, in ‘nuova origine’. Tutto ciò è, in un certo senso, conferma della necessità di impostare i tre anni della scuola orientativa sotto l’egida dell’orientamento. L’efficacia e il valore del percorso ci vengono poi restituiti da quel candidato, più o meno agitato e più o meno preparato, in quello specifico momento.
Combattere per una scuola che sia libera dalla presa del risultato (cioè per una scuola che lavori ‘per problemi’ ogni giorno e in ogni disciplina, come sto iniziando a raccontare in queste ultime settimane nell’appuntamento del martedì) si esplicita nell’essere disposti ad ascoltare quanto di nuovo il nostro studente vorrà condividere con noi, seduto sulla sedia davanti alla commissione d’esame. Vi saranno studenti che lo esprimeranno con lessico curato, altri che lo faranno solo intuire nella descrizione della genesi di una tavola di Arte; per alcuni sarà un germe che noi docenti scorgeremo sotto una crosta di indolenza o di immaturità, e che dovremo essere capaci di lasciar dormire nella sua terra morbida, vincendo l’irritazione di non poter assistere allo sbucare del germoglio.
Per me l’orientamento è tutto questo che ti ho appena raccontato.
È un pensiero costante, è azione dedicata e curata, è costruzione di una struttura esterna nella quale - giorno dopo giorno, sin dalla prima lezione della prima media - il singolo possa specchiarsi. E conoscersi.
Proprio per questa ragione, voglio condividere con te, oggi, il documento che ho creato per gli studenti di seconda media e che racconta (meglio di tante parole) che cosa significhi per me progettare una superficie riflettente.
Mentre, in questi giorni, ascolto dunque parlare i miei studenti e intanto sfoglio il loro quaderno delle scoperte (*), è proprio quel documento, che avevano compilato quasi un anno fa, ad ‘aprire le danze’. La differenza tra sogno e ideale, tra curiosità e interesse, fra talento e prospettiva… tutto era anticipato nel lavoro che avevo assegnato loro come lavoro estivo, in occasione della loro ultima estate della scuola media. Un lavoro che era riassuntivo di un quotidiano ‘modo’ di vivere il sapere e la conoscenza - appunto ‘per problemi’ - ma che contemporaneamente era stato di proiezione e sostegno verso la scelta della scuola superiore.
(*) del quaderno delle scoperte scriverò un’altra volta…
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