“L’esperienza deve essere formulata per essere comunicata. Per formularla è necessario considerare quali punti di contatto ha con la vita di un altro, per poterla esporre in una forma che gli permetta di valutarne il significato”
(J. Dewey, Democrazia e educazione, 2004)
{Ciao! Questo che stai per leggere è il secondo appuntamento di quattro - del nuovo percorso di formazione sostenibile intitolato Rischiarare l’umano. Spero, attraverso questo percorso, di aiutarti a rimettere a fuoco il valore fondante di ciò che è l’educazione.
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Buongiorno ✩
Oggi ritroverò gli studenti dell’anno passato, un po’ straniti dopo queste lunghe (e necessarie per loro, mi permetto di affermarlo!) settimane di distacco dalla scuola. Mi voglio quindi porre, proprio oggi, una domanda molto semplice: che cosa differenzia l’educazione dalla pedagogia? Non so se anche tu abbia la mia stessa sensazione: di educazione si stentava a parlare, nel mondo della scuola. Come se, ormai, la sola accezione utilizzabile del termine fosse legata ad un ambito - diciamo - ‘morale’, quello delle buone maniere. Mi pare che, perlomeno fino a pochi anni fa, chi di scuola si occupava preferisse declinare le sue riflessioni in termini, appunto, di pedagogia, per non trovarsi invischiato in un discorso nel quale non aveva pieno controllo dell’interlocutore. Adesso il termine è stato ripescato, non fosse che per sancirne la crisi, all’interno del sistema-società (e non solo nella scuola).
Dunque, se ancora non è morta, quali caratteristiche possiede l’educazione?
Perché scriverne qui, all’interno di un percorso breve che ha come orizzonte il rimettere l’umano al centro del processo formativo?
Se ci pensi, alla base dell’educazione vi è la compresenza di persone appartenenti a generazioni diverse, che si trovano ad instaurare una relazione. Le informazioni sono la merce essenziale che viene scambiata all’interno di quel rapporto, ma secondo una modalità che non è mai trasmissiva.
Veniamo dunque al primo punto: l’educazione non è mai trasmissiva.
E non lo è non per scelta pedagogica o per partito preso; l’educazione non è trasmissiva - mi verrebbe da dire - ontologicamente. Se vivi un rapporto educativo, non puoi accontentarti di trasmettere informazioni al tuo interlocutore, al tuo studente, poiché ti troverai necessariamente a dover dare loro una forma nuova, affinché l’esperienza che tu hai compiuto con esse diventi significativa anche per il tuo studente. Se accadrà questo, l’informazione non sarà più quella che conoscevi tu: avrai prodotto un nuovo significato insieme al tuo studente, alla tua classe. Si viene così a creare un’esperienza nuova, che lo è per entrambe le parti in gioco nella comunicazione.
L’educazione è quindi trasformativa.
Ogni vera forma di comunicazione, secondo questa prospettiva, è perciò educativa. Chi tra noi potrebbe, infatti, mai definire la relazione docente-studente come una relazione che non sia di comunicazione?
Educazione è lo stile mediante il quale l’umano si trasmette (l’umano, attenzione, non le informazioni!), perché suggella il dono reciproco di sé (cum+munus).
Oggi vorrei approfondire questo concetto di educazione come trasformazione, declinandolo nell’ambito che mi è più caro: l’orientamento.
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