Non concentrarti sulla destinazione
Quanto è distante l’orizzonte della scelta? O della differenza tra direzione e destinazione
Buona (quasi) sera a te ♡
Ricordi che lunedì ti citavo il documento del 2022, dal titolo Slow Learning?
Nella carta dei diritti che apre il documento, il primo di essi mi suscita particolare risonanza:
“concentrati sulla direzione e non sulla destinazione”
Qualche settimana fa, durante un incontro per studenti di seconda media, affermavo più o meno la stessa cosa. Avevo proiettato infatti queste due diapositive:
E intanto spiegavo quale fosse la differenza fra due termini apparentemente così affini da sembrare sinonimi, se non fosse che sono distanti come il giorno e la notte. Così come sono incommensurabili la via e la meta, lo strumento e il prodotto. Sicuramente attinenti alla medesima area di senso (il viaggiare, il muoversi, il tendere a), correlati ma del tutto non sovrapponibili. Come lunghezze e volumi.
“Enjoy the process” dicono gli anglosassoni.
Potremmo, a questo punto della riflessione, avviarci lungo molteplici strade, ma ne scelgo una (la più interessante per noi): l’orizzonte della scelta.
Durante le formazioni dedicate alla didattica orientativa, provoco sempre i docenti chiedendo loro se le attività e le proposte orientative che essi attuano si distendano chiaramente a comunicare che si sceglie in base a un metodo (che è oggetto dinamico) e non in base ad un traguardo (che è un oggetto statico).
Due sono le letture derivanti da questa osservazione.
1.
Il livello-base di questa necessità può essere riassunto nella riflessione che aiutiamo gli studenti a compiere sull’importanza di scegliere una scuola superiore e non una facoltà universitaria, una professione. E quindi non sceglierò il liceo scientifico perché voglio diventare astrofisico, ma ‘semplicemente’ perché non mi spaventa - e tutto sommato mi attrae - la prospettiva di passare, in prima superiore, molti dei miei pomeriggi a cercare di risolvere un problema di geometria razionale.
Sempre di interesse si tratta, ma è un interesse a più corta gittata.
2.
Ad un livello un po’ superiore, saper scegliere in base ad una direzione significa essere diventati in grado di distinguere il “cosa” dal “come”; essere diventati capaci di non confondere un linguaggio con l’area alla quale lo si è sempre visto applicato.
Ripeterò un esempio - tratto dalla mia esperienza - che riporto sempre, quando devo chiarire questo punto. Il momento della mia vita nel quale ho capito quale linguaggio - cioè quale ‘metodo’ - avrei voluto continuare ad approfondire sono stati i mesi di preparazione all’esame di Chimica Fisica: la direzione data dal linguaggio era chiarissima, la destinazione invece era tutt'altra rispetto ad un’area della Fisica tanto specifica. Era infatti la Filosofia.
Com’è possibile che matrici e hamiltoniane mi abbiano condotta altrove? Risonanza, corrispondenza, volontà di tradurre (appunto) altrove uno stesso linguaggio.
[ed eterna stima e gratitudine per il mio caro prof. Mario Raimondi, dell’Università Statale di Milano, che trent’anni dopo riuscii a far conoscere ai miei studenti di prima media, nel corso di un incontro straordinario]
Ma ero già ‘grandicella’, e aver affrontato la questione mi servì a capire - anni dopo - che cosa insegnare, come insegnare (e per iscrivermi, dopo molti anni da quell’esame, anche a Filosofia!).
Quando abbiamo davanti studenti di dodici-tredici anni, dobbiamo essere assolutamente chiari e rigorosi nel mostrare loro la differenza tra un metodo e un’area di applicazione. Ed è la differenza tra direzione e destinazione, appunto.
Vi erano tanti modi di approdare allo studio della filosofia della scienza, io ho trovato risonanza con la strada che si declinava nel linguaggio della fisica più stretta, ma anche più poetica.
È tale risonanza che dobbiamo suscitare. Farlo, è enormemente più difficile del saggiare la simpatia, il piacere e persino l’interesse verso un ambito oppure un altro.
Per questo motivo sono sempre abbastanza all’erta quando ascolto i genitori parlarmi di “interesse per la scienza” o di “passione per l’epica”. Sono indicatori abbastanza forti, non vi è dubbio, ma comunque insufficienti ad accettare il rischio di consigliare la strada A o la strada B.
Ma se la ‘passione’ non basta, allora rimane solo la scelta sulla base delle valutazioni!??
NO.
Anzi, NÌ.
Come ho ripetuto tante volte, un orientamento intelligente, efficace, sereno è innanzitutto, per il singolo docente così come per il consiglio di classe, l’esito di un lavoro incredibile svolto sulla valutazione. Un lavoro di revisione dei contenuti disciplinari, di rifigurazione degli essenziali della materia, di sottolineatura dei nessi concettuali al suo interno. In modo da poter progettare attività e proposte che presentino agli studenti l’intero panorama della disciplina. Non dal punto di vista dei contenuti, ma dal punto di vista del metodo.
Oggi voglio dimostrarti, attraverso l’esempio delle mie discipline, che cosa significhi e implichi un lavoro simile.
Se ti interessa, puoi seguirmi nelle prossime righe…
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