Coup de foudre
È sempre tutta una ‘questione di stupore’ (e un esperimento di fisiologia umana per studenti di prima media nella prima settimana di scuola!)
Buon venerdì ✰
Sto finendo di scrivere la Guida per il docente che verrà allegata al Quaderno e, nel farlo, mi sono ricordata di un volume che avevo acquistato anni fa: Storia della filosofia come stupore, di Jeanne Hersch, filosofa svizzera che con i suoi pensieri ha attraversato - si può ben dire - l’intero Novecento, essendo morta nel 2000.
Mi sono stupita di come avessi potuto dimenticarmi di possedere questo titolo, poiché il fulcro attorno al quale esso ruota - e cioè una rilettura della tradizione filosofica occidentale alla luce dei temi che, di protagonista in protagonista, questa ha deciso di mettere in luce - è lo stesso che io ho voluto porre come metodo (cioè sguardo) del mio lavoro rivolto agli studenti tra gli 8 e i 14 anni.
Un metodo che può essere brevemente riassunto dalla domanda: “che cosa mi meraviglia?”. Nel percorso da Talete a Jaspers, infatti, possiamo infatti - o perlomeno Hersch lo fa - rivivere tutti i colpi di fulmine che ebbero alcune menti particolarmente interessanti e perché interessate.
Lo raccontavo già la scorsa settimana, perché io creda fortemente nella necessità di rimettere questo al centro della prospettiva che regge il nostro sistema di istruzione (anche se spesso temo che non ve ne sia alcuna…).
[se non c’eri ancora, qui,, se hai buttato la mail, se avevi di meglio da fare, puoi rileggere l’articolo qui sotto]
Semplicemente non riesco - proprio non ce la faccio, è una debolezza mia… - ad immaginare come, senza quello, un individuo possa trascorrere (almeno) 5+3+2 anni in un luogo che ha al suo cuore la conoscenza.
Come si fa, soprattutto negli anni più adulti (quindi consideriamo dagli 11-12 anni), a rimanere - con decisione, tenacia, motivazione - all’interno di un sistema se questo non riesce a sollecitare ogni giorno il desiderio di novità e interesse?
Novità e interesse che non sono generati dal porre lo studente davanti ad un ‘bancone’ infinito di oggetti e strumenti sempre diversi (per quello, lo smartphone funziona molto meglio della scuola!). Forse questo è quello che hanno voluto farci credere a partire dal momento della ‘sbornia digitale’ applicata alla scuola… Ci hanno detto che la risposta alla dispersione scolastica, alla disaffezione nei confronti dello studio e dell’impegno sarebbe stata la proposta di un tripudio di app, di tablet, di quiz online e di lavori condivisi. Evidentemente così non è stato. Anzi…
Il desiderio di novità e d interesse scaturisce dalla verifica - cioè dall’esperienza concreta - che gli oggetti della conoscenza hanno un fondo inesauribile di domanda.
Presentare le discipline e i loro dettagli in questo modo garantisce (chi lo ha provato lo sa!) la conquista della platea. Sul fascino destato, poi, il docente competente sa lavorare in modo che esso non si dilegui come rugiada al mattino, al calore delle prime richieste formali e rigorose. Che comunque dovranno mantenere ben visibile almeno un barlume di domanda.
In alternativa, temo che non si vada da nessuna parte.
Riguardo al tema della domanda, lascio parlare Hersch:
«Io non uso spesso il termine ‘mistero’ [Nota. Il brano è tratto dal capitolo dedicato ad Agostino]; preferisco parlare di problemi. Il termine ‘problema’ serve a indicare un ostacolo con cui si scontra il nostro pensiero, e che non deriva soltanto da una debolezza della nostra mente, ma dipende dall’essenza della nostra condizione, dalla nostra situazione nel mondo come esseri pensanti e che, per questa ragione, non ammette nessuna soluzione definitiva. Bisogna distinguere tra una domanda e un problema : quando poniamo una semplice domanda, noi possiamo darle una risposta; se però poniamo una “domanda” a cui non possiamo rispondere se non con una nuova “domanda”, che può solo chiarire che cosa non potremo mai comprendere, allora parliamo di un problema»
Ecco. Oggi vorrei farti capire meglio che cosa significa ‘lavorare in termini di PROBLEMA’. All’inizio di una classe prima.
(se ti interessa, puoi seguirmi nelle prossime righe, riservate agli abbonati)
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