Creare un’immagine di sé
Che cosa significa EDUCARE ALL’IMMAGINAZIONE in una prospettiva orientativa (o "del dialogo tra STORIA e POESIA")
“L’immaginazione è una delle dimensioni del linguaggio”
Paul Ricœur
Ciao e buon pomeriggio ♡
Mentre qualche ora fa ascoltavo il bel dialogo tra Giada Vettorato e la dottoressa Silvia Bassanini, psicologa dell’età evolutiva ed esperta di orientamento, ho deciso di dedicare i prossimi quattro martedì delle Lettere allo sviluppo della facoltà di immaginarsi come alfabeto da utilizzare nei percorsi scolastici orientativi.
Ti raccontavo, qualche settimana fa, della riflessione che ero giunta a compiere al termine dell’incontro che avevo tenuto per alcune classi seconde del primo grado: la confessione, da parte di una ragazza, di non riuscire ad immaginarsi in un tempo a venire. Cioè di non riuscire davvero ad immaginarlo, il proprio futuro.
Che cosa significa porre l’immaginazione di sé come orizzonte per lo studente?
“Siamo pronti per riconoscere che la potenza della capacità immaginativa non risiede solo nella facoltà di derivare ‘immagini’ dall’esperienza sensoriale, ma anche nella capacità di lasciare che nuovi mondi plasmino la comprensione di noi stessi?”
(P. Ricœur, Metaphor and the central problem of hermeneutics, 1972)
Se mi leggi da un po’, conosci la mia dedizione all’orientamento narrativo e alla didattica orientativa. Il primo, frutto del lavoro di studio sulle opere di Ricœur e di Batini; la seconda, espressa come fulcro della mia attività di formazione. Punto fondante di entrambe: il linguaggio come capacità di simbolizzare la realtà.
Rileggendo le parole di Ricœur, ritrovo (anche se un po’ ‘da scovare e da scavare’) il richiamo all’esigenza di derivare immagini - simboliche, quindi - da quella particolarissima esperienza sensoriale (e mentale) che è la percezione di sé.
Uno dei preconcetti che ancora riscontro nelle fasi iniziali del lavoro con i colleghi che seguono i miei percorsi è lo sbiadire dei contorni ‘simbolici’ di un qualsiasi percorso di orientamento. Per carità, è bellissimo utilizzare le discipline per ciò che possono offrire agli studenti sviscerando il tema della “scoperta di sé”. Tuttavia - e si tratta di uno slittamento necessario all’avvicinarsi di una seconda fase orientativa - bisogna far sì che tutta la didattica ricordi di volgersi e presentarsi in veste metodologica.
Qual è il proprio dell’Italiano? E quello della Matematica? E quello di Arte?
Perché è dall’analisi delle (possibili) corrispondenze con quel quid - il ‘proprio’ disciplinare - emerge poi l’orientamento più palese ed efficace.
“Eh, ma dovrei ribaltare la mia didattica!” “Eh, ma come la metto con la mia programmazione…?!” “Eh, ma la mia materia che cosa vuoi che dica? Non insegno mica Italiano o Arte” etc.
Non vi è alcunché da ribaltare. È già tutto implicito nella didattica quotidiana. Si tratta di farlo emergere e di renderlo chiaro nella comunicazione.
Molti dei miei percorsi di formazione ‘storici’ sono dedicati all’orientamento. Il più recente di essi, lo trovi descritto qui.
Se insegni nella scuola superiore, puoi scaricare il progetto dedicato:
È il lavoro di scandaglio sui metodi, sui linguaggi simbolici, sulla loro diversità, che consente al ragazzo e alla ragazza ‘da orientare’ di prefigurare se stessi, di immaginarsi.
Oggi ti propongo di iniziare insieme a me il percorso che ti aiuterà a comprendere come lavorare sui linguaggi significhi potenziare la facoltà di un giovane di immaginare se stesso nel suo futuro.
Se ti interessa, puoi seguirmi nelle prossime righe…
Il percorso continua per gli abbonati sotto il paywall.
Puoi abbonarti ma lo sai che puoi anche leggere pur non avendo sottoscritto alcun abbonamento? Magari vuoi farti un’idea… È sufficiente che tu clicchi il bottone qui sotto e il sistema ti guiderà!
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Lettere ad un (giovane) docente per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.