
Buon anno a te ♡
Eh sì, non ti scrivo da un po’... Il motivo è duplice. Innanzitutto non volevo invadere la tua casella Inbox nelle giornate di festa. Inoltre, non sentivo di avere nulla di improcrastinabile o tanto essenziale da comunicare, oltretutto durante settimane che sono state per me molto pesanti a livello emotivo [ringrazio qui, pubblicamente, tutti coloro i quali hanno voluto essermi vicini, sfidando il bigottismo della cesura tra lutti dicibili e indicibili].
Proprio per questo motivo, volevo ripartire scrivendo di qualcosa che risuonasse profondamente nella mia persona e (oso credere) anche nella tua. Scelgo quindi oggi di mettere sotto la lente d’ingrandimento l’eredità che ognuno di noi riceve dalla propria infanzia e di conseguenza la capacità che abbiamo, quando parliamo agli studenti e in generale agli adolescenti, di renderli consapevoli che crescere significa non smarrire se stessi.
Lo spunto, lo traggo da un libro che ho appena acquistato: Da piccolo ero un genio. Sette capacità da non perdere diventando adulti, di Anna Granata e con disegni di Margherita Allegri.
Te ne cito alcune, di queste sette capacità; sono quelle di cui ho scritto molte volte, in questi (quasi) due anni delle Lettere.
la n.1: l’Immaginazione
la n.3: il Desiderio
la n.6: la Curiosità
(non ti anticipo le altre, perché ti consiglio semplicemente di dare un’occhiata a quel titolo di Gribaudo)
A rischio di suonare troppo idilliaca, utopistica, poco ‘calata nella realtà’, affermerò ancora una volta che è del tutto inutile elaborare le strategie didattiche più efficaci, stracciarsi le vesti per i risultati delle varie indagini internazionali (ne parlavo ultimamente qui), se non poniamo al vertice della nostra azione didattica la gioia lenta del predisporre il terreno adatto. Nel quale immaginazione, desiderio e curiosità siano concreti obiettivi didattici, e non soltanto parole spese per agire da cassa di risonanza durante le assemblee di presentazione della scuola.
Se creo la programmazione della mia disciplina avendo quelli come traguardi, sarò all’erta in ogni ora di lezione, non mi affosserò in una didattica da metà Novecento, sarò testimone attivo di ciò che spiego perché lo renderò problema in ogni mia attività, renderò la mia valutazione una vera descrizione di chi ho davanti; non mi dimenticherò di tutto ciò nel momento di assegnare i voti in pagella o di comunicare il consiglio orientativo alle famiglie.
In una parola: COERENZA.
Da quando ho deciso di guardare il sistema-scuola con occhio un poco più distante (perché riflessivo), mi accorgo di come i campanelli d’allarme che si attivano quasi quotidianamente abbiano tutti a che fare con la mancanza di coerenza. Poiché penso che chiunque possa rivestire il ruolo di educatore, a patto di ribadire sempre lo stesso significato in tutte le manifestazioni della realtà che presenta.
Hai presente, ad esempio, la categoria del prof-amico? Quello che è sempre dalla parte degli studenti, che nella sua materia sono splendidi-e-bravissimi? Quello che fa loro l’occhiolino quando esce dall’aula il/la collega X, evidentemente meno amato/a di lui? Quello che in classe sconfessa le decisioni del consiglio di classe? Lui!
È lo stesso insegnante che poi, di solito, “alla resa dei conti” (vedi assemblee con i genitori, scrutinio etc) veste imprevedibilmente i panni del docente-integralista (“come possiamo consigliare un liceo classico se non ha mai preso più di 8 in grammatica?”), spiazzando in primis i colleghi, poi gli studenti e infine le famiglie.
Se immaginazione, desiderio e curiosità sono per noi capisaldi dell’impresa educativa e formativa, allora sarebbe bello che avessimo il coraggio di lavorare affinché essi diventassero carne delle nostre lezioni, strumento del nostro percorso didattico, indicatore durante le valutazioni, elemento di giudizio nel corso dei colloqui con le famiglie.
Soltanto chi è poco affine alle questioni educative potrebbe pensare, ad esempio, che il desiderio non abiti nella scuola, non debba costituire il termine-chiave intorno al quale costruire i progetti di orientamento, oppure che l’educazione all’immaginazione non sia parte essenziale della didattica della matematica (giusto per dire!).
In questo inizio d’anno, mi piace tornare allora a ricordare quale sia la sostanza di una scuola, persino quando stiamo pensando ad una quinta superiore!
Un abbraccio, buon anno e buona settimana a te ♡