Buon pomeriggio ✫
Sono stata molto indecisa sul titolo e sottotitolo da scegliere per la Lettera di oggi, per questo secondo momento mensile di riflessione/formazione. Il titolo mi sembrava un po’ troppo altisonante e temevo di allontanare qualche lettore (“ma chi si crede di essere, questa?”); il sottotitolo mi pareva invece potesse risultare ambiguo: “a scuola si fa altro, qualcosa di molto meno astratto, suvvia!”.
Poi, però (come vedi…) ho deciso di rischiare, sia il ‘timbro’ della presunzione, rivolto a me, che una definizione di didattica troppo ‘teorica’. La prima delle due assegnazioni, non posso confutarla più di tanto, se non confessando tutta la mia ‘cervelloticità’ e il mio costante lavoro analitico, di scavo, ai quali tuttavia credo di affiancare una personalità piuttosto schiva e riservata. Ma tua è la libertà di non crederci!
La seconda possibile assegnazione di significato, invece, penso di poterla argomentare nel suo errore, poiché - anche all’interno di questo percorso (che si chiama “Alla scoperta del Sé nella scuola”) - voglio ribadire che gli strumenti per esplorare l’essere umano sono alla portata di ogni docente; si chiamano discipline.
Io non ho la certezza di quanto la precedente affermazione sia un’evidenza per tutti coloro che orbitano intorno al sistema-scuola. Penso che molte (moltissime… ahimè) famiglie:
siano convinte che le azioni che prendono vita nella scuola siano volte a rifornire di informazioni gli studenti
non abbiano ben chiara la differenza tra informazione e conoscenza
pensino che la cura dello studente come persona (opzione 1) debba essere necessariamente estranea all’operato dei docenti (e quindi ascrivibile ad altre figure professionali che abitano la scuola), oppure (opzione 2) non sia nemmeno contemplata dalla maggior parte di essi
[riguardo al punto 3, ti rimando ancora al lavoro di Francesca Di Cesare e Ylenia Parma - consulente e formatrice, la prima, e pedagogista, la seconda - nelle cui riflessioni sul lavoro di cura e sulla professione di cura mi ritrovo pienamente]
Tralasciando la necessità dell’operato, nella scuola, di tutte le figure che possono concorrere al benessere dello studente (e non volendo nemmeno considerare ‘colleghi’ coloro i quali leggono la nostra professione come un impiego da PA da portare a termine, giorno per giorno, senza coinvolgimento emotivo né alzando troppo spesso lo sguardo dal registro), suggerisco però che ogni docente decida di rivolgersi alla propria disciplina come ad uno strumento che permette lo sviluppo della consapevolezza di sé.
Per quanto riguarda, ad esempio, le mie discipline, penso alla possibilità di crescita professionale che sono stati i libri sulla matematica di quella straordinaria autrice che è Chiara Valerio! Ma ho in mente anche il percorso di studio che, in questi ultimi vent’anni, mi ha portato ad esplorare la narrabilità della scienza (e che sta prendendo forma nella proposta delle Letture di Scienza, che non vedo l’ora di ‘lanciare’).
Toglie forse qualcosa alla matematica o alla fisica approfondirne la storia (umana) dello sviluppo dei concetti relativi?
Aggiunge qualcosa alla mia competenza didattica allargare i confini del mio insegnamento enormemente oltre il recinto dei teoremi?
NO (alla prima); e SÌ (alla seconda).
In questi giorni, mi sono arrivate le restituzioni (odio abbastanza il termine ‘feedback’!) dei docenti che avevano seguito in differita la ‘chiacchierata’ su matematica & dintorni, tra me e Giorgia (con il graditissimo contributo di Giulia e Annalisa, nel dialogo finale). Infatti penso proprio che ciò che abbiamo tentato di dimostrare, quel pomeriggio, sia stato il fatto che fare matematica - dalla primaria fino alla maturità - debba e possa essere esperienza di conoscenza per chi la sta compiendo, che (almeno fino a prova contraria) è un essere umano nel pieno dell’età evolutiva.
[Se vuoi ascoltarci anche tu, scrivimi pure!]
Chiuso il (lungo… te l’ho detto che sono cervellotica, no?) preambolo, che cosa ne dici di affondare il coltello nella torta?
Che cosa ne dici, perciò, di continuare il percorso della scorsa settimana, cercando di capire come si possano dedicare le singole discipline all’affermazione di sé?
Ti ricordo infatti che martedì scorso è iniziato un viaggio che - a partire dall’opera di Ricœur - ho immaginato di declinare nella didattica lungo la dinamica data da:
Affermazione originaria
Attestazione
Riconoscimento
Qui era il primo appuntamento:
Le riflessioni della scorsa settimana, in particolare, avevano messo in luce la dinamica fatica/desiderio di esistere.
Oggi vorrei gettare una luce nuova sulla lacerazione che vivono i ‘nostri’ giovani e giovanissimi.
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