Lontani ma vicini
Della necessaria distanza della quale abbiamo bisogno in una relazione educativa
Buon lunedì ♡
Inizierò così, oggi: “io amo i paradossi”
Li uso anche parecchio in classe; penso di poter dire che, per me, rappresentino uno degli strumenti didattici di più accertata efficacia. Perché obbligano a rivedere le leggi di coerenza sulle quali ci si era adagiati (mettono ‘un po’ di pepe’ nella relazione tra uno studente e la sua materia di studio, insomma!), consentono di fronteggiare la (non) contraddizione, permettono di lavorare sul controesempio.
Uno dei momenti che preferisco è proprio quando, dopo essermene uscita con l’affermazione X, mi fermo, li guardo dritti negli occhi con un ghigno di ampiezza crescente agli angoli della bocca, loro mi fissano dubbiosi, si scambiano sguardi interrogativi… finché me ne esco con una frase del tipo: “ma scusate, ma questa cosa - X - che abbiamo affermato, e che ci sembra essere assolutamente vera, non vi accorgete però che cozza proprio con quello che dicevamo ieri/un mese fa/l’anno scorso? Allora?! Come la mettiamo?”.
E lì inizia la meraviglia.
Perché non c’è nulla di più straordinario di scoprire perché una cosa è vera, se può esserlo e se può convivere con un’altra cosa.
Punto.
In sostanza, alla radice, la scuola È questo.
Oggi vorrei dunque porre alla tua attenzione un (apparente) contrasto.
La scuola è relazione, no? (io stessa ho invocato più volte - per esempio qui - la necessità di non abdicare al nostro ruolo sociale e professionale di individui in relazione)
Se mi penso e desidero in relazione con un altro individuo (o con un oggetto, ad esempio uno al quale rivolgo il mio apprendimento), mi immagino in qualche modo vicino a lui.
Eppure l’essere in relazione chiede, necessita, implica una distanza.
TA-DAAAAA!!!
Come coniugare distanza e prossimità nella relazione educativa?
Innanzitutto… perché la distanza dovrebbe essere tanto necessaria?
Confesso che iniziai ad interrogarmi sugli aspetti collegati a questo dilemma circa quattro anni fa. Hai presente, no? L’isolamento a causa di quel virus… la DAD… la mancanza di presenza…
Un po’ volevo trovare delle strategie per esserci comunque, per i miei studenti, ma soprattutto mi interrogavo su quale fosse l’aspetto dell’educazione del quale stavamo effettivamente percependo l’assenza. In modo da rimetterlo sotto la lente e - magari, possibilmente - ripartire meglio di prima, quando ce ne fosse stata concessa l’opportunità.
In particolare, mi scoprii interessata (e puoi capirlo dal contesto storico che stavamo vivendo) a volgere leggermente il significato di ‘distanza’ da quello - più immediato e lampante - di ‘distacco’ a quello di ‘mettere in rapporto’. Infatti è evidente che riuscirò a meglio cogliere le caratteristiche di un oggetto se posso allontanarmene un po’, se posso girargli intorno, guardarlo da una certa distanza appunto.
Così come - ahimè! - ho bisogno di allontanare dagli occhi la pagina che sto leggendo, se voglio davvero leggerla, perché non dovrei pensare che ho bisogno di allontanare da me anche il mio studente, se voglio davvero capirlo (e quindi entrare in relazione con lui)?
Ma allontanarlo QUANTO?
IN CHE MODO?
Come posso comunicargli che non lo sto allontanando per disinteressarmene ma per averne meglio cura?
Forse, allora, dire che l’educazione è relazione significa affermare che essa è ricerca - che è analisi, progettazione, studio, realizzazione - di quella distanza adeguata affinché si possa instaurare il rapporto.
E sappiamo bene come, a volte, staccarsi sia il movimento che ci riesce più complicato fare…
E adesso un annuncio!
Domani - e rientrerà nell’appuntamento settimanale dei Martedì delle Lettere - inaugurerò una nuova ‘serie’. Riprendo l’hashtag che ormai utilizzo a tutto spiano su Instagram e che rappresenta la missione che mi sono data, nel mio insegnamento delle materie scientifiche: ‘salvarle’ dalla gabbia di tecnicismo - e scientismo - nella quale sono state rinchiuse da decenni e ricongiungerle al loro significato, che è la scoperta dell’umano. Insegnandole ormai da ventisette anni, ho sempre desiderato che fossero considerate discipline che permettono sia di scoprire se stessi sia di essere scoperte come testimonianza di uno sguardo umano sulla realtà.
Dal punto di vista delle scelte didattiche strette - e quindi della programmazione, della costruzione delle lezioni, della valutazione etc - molto si riassume appunto nel motto #nonsolomanuali, attraverso il quale mi adopero a dimostrare come la modalità più efficace e significativa (nonché affascinante per gli studenti!) di comunicare tali discipline nella scuola debba appoggiarsi ad una serie di strumenti che NON sono i manuali di testo scolastici.
Più lavoro per il docente? Sì, assolutamente. Perché non esiste una classe uguale all’altra e quindi non esisterà un percorso uguale all’altro. Ma anche perché - se ampliamo il nostro orizzonte guardando oltre l’editoria scolastica - non riusciremmo, nemmeno se lo volessimo, a non creare percorsi inediti, ogni anno.
Più responsabilità per il consiglio di classe? Anche. Perché si tratta di una direzione didattica che obbliga tutte le discipline a dialogare tra loro ed a ritrovare dei punti educativi fondanti.
Non si tratterà perciò di materiali destinati solo a chi insegna matematica, scienze, fisica o chimica…
Proprio per questa ragione ho deciso di varare la serie #NSM. La stagione 1 sarà dedicata al cosmo.
Quali furono le domande dalle quali l’Uomo prese avvio? Perché dovrebbe avere senso studiare tutto-ciò-che-è? Si può indagare un oggetto all’interno del quale si è completamente immersi (*)? Quali furono gli strumenti - tecnici e mentali - che inventò l’umanità? Quali eventi della storia dell’umanità meglio si prestarono a generare i ‘salti concettuali’? etc…
(*) anche in questo caso, essere troppo vicini può essere un enorme svantaggio!
Poiché i materiali che condividerò saranno dedicati esclusivamente agli utenti abbonati (anche perché non voglio ‘annoiare’ i generici iscritti alle Lettere con un altro invio settimanale!), fino alle h24 di lunedì 22 luglio darò la possibilità di riscattare l’abbonamento annuale con il 25% di sconto (45 euro invece dei soliti 60). Se pensi che possa interessarti - soprattutto se non insegni discipline scientifiche! - hai ancora qualcosa come 17 ore per raggiungere il gruppo di noi eretici…
Buona settimana a te ♡
Simona, posso limarmi una venticinquina di anni e tornare a fare l'alunno da professori come te? L'impresa di tenere le giuste distanze (facciamo su 60 ragazzi all'anno - 3 classi?) è un'impresa, ma non per questo da non perseguire. Alcuni avranno bisogno di più vicinanza, altri di maggior distanza. Il dilemma dei porcospini si ripropone in qualsiasi tipo di relazione.