Buon inizio di estate a te ✰
Io ho davanti ancora un paio di settimane occupate dai colloqui orali dell’esame di Stato e, come scrivevo venerdì, tali momenti si rivelano - ogni anno che passa, inediti - la conferma di quello che penso sia IL ruolo della scuola: accompagnare i futuri adulti nel viaggio verso la consapevolezza del Sé. Dalla cui percezione deriveranno poi la tensione etica, il senso di socialità, l’urgenza di conoscere ed esprimersi.
Penso che molti dei nostri affanni, nella scuola, derivino dall’invertire quella relazione di causa-effetto.
Soltanto se uno studente avrà imparato ad avvicinarsi alla ‘storia di sé’, a riconoscere le tracce di un’identità e le anticipazioni di un desiderio, egli sarà poi in grado di accettare con responsabilità di agire nel mondo, per verificare le prime e rendere ragione del secondo.
Un pensatore che mi ha accompagnato, in questi ultimi anni, nella riflessione sui temi legati all’identità (e quindi, declinandola nel mondo scolastico, nell’area dell’orientamento) è l’antropologo Ernesto De Martino. Sono certa di averne già scritto, da qualche parte… Oggi, però, voglio sottolineare un concetto che dobbiamo avere bene in mente, in ogni occasione del nostro ‘fare scuola’.
Il pensiero di De Martino ruota intorno all’idea di identità come sentimento dell’esserci in un certo modo. Egli chiamòtale sentimento ‘presenza’ e le sue ricerche si inoltrarono nello studio dei meccanismi sociali attraverso i quali gli individui si difendono da quello che percepiscono come il rischio esistenziale primario: la perdita della presenza.
Ecco come De Martino definisce il concetto: “esserci come persone dotate di senso in un contesto dotato di senso”. Proprio per questa ragione, trovo che la suggestione demartiniana possa perfettamente rivolgersi anche sulla scuola, comunità sociale nella quale la ‘perdita della presenza’ viene, ogni giorno, più o meno velatamente e più o meno tragicamente espressa dagli studenti.
Che cosa è il nostro lavoro se non aiutare i giovani a cogliere la loro sensatezza e la possibilità di un’azione - presente e futura - all’interno di un contesto sociale sensato?
E come vogliamo definire questa direzione delle nostre attività se non ‘orientamento’?
Nelle parole di De Martino, percepire la propria identità in rischio è una crisi della presenza: è l’angoscia di colui che teme di perdere il riferimento a quei luoghi nei quali sente di avere un senso. Ecco, vorrei che la scuola, vorrei che ogni ora di lezione, fossero luogo dove ciascuno studente sente di avere un senso.
[De Martino citava volentieri l’episodio del campanile di Marcellinara, cioè l’aneddoto (drammatico) di quel contadino meridionale che, a metà del secolo scorso, allontanato dai ‘suoi’ luoghi, aveva sperimentato un effetto di angoscioso spaesamento finché non era riuscito di nuovo a scorgere il campanile del suo paese]
Mi chiedo allora se e quanto i nostri studenti vivano lo stesso drammatico spaesamento quando entrano nelle nostre aule, quando si predispongono su scomode sedute a mezza giornata di lezioni, quando affrontano le richieste, quando ci riferiscono di non essere ascoltati per chi sono…
Vuoi chiedertelo insieme a me?
A lunedì prossimo,
Simona