Foto di Markus Winkler su Unsplash
Buongiorno!
{Oggi inizia un nuovo appuntamento della formazione sostenibile che è contenuta nelle Lettere ad un (giovane) docente, un nuovo mini-corso, dedicato al Pensare per Problemi. Per quattro settimane, ogni martedì, troverai esplicitato il metodo che abbiamo studiato essere il più adeguato a rispondere alle attuali esigenze di apprendimento, ma che spesso è stato lasciato a decantare, a livello di teoria pedagogica}
Eh sì, “pensare per problemi”… Potresti dirmi che ne hai sentito parlare già a sufficienza ed io non potrei fartene una colpa. Perdona però se, ritornando sull’argomento, ho l’umiltà di affrontare la questione da un punto di vista inedito. Per me inerpicarmi lungo questa riflessione è stato davvero un esplorare terreni già noti con delle nuove calzature. Spero che il racconto possa risultare interessante anche a te.
Di problemi, intesi come grovigli da sciogliere (risolvere) e del loro essere metafora dello studente, avevo già scritto qui. Il contesto era però un altro, poiché l’argomento portante era la valutazione.
“Προβλήματα” è un volume (inserisco anche la foto!) che avevo voluto acquistare per avvicinarmi ad una frequentazione della grammatica greca che fosse un po’ più complessa - nel senso di rispondente alla complessità della lingua - di quella ottenibile con i soliti manuali.
Parafrasandone il sottotitolo, mi piacerebbe che i quattro appuntamenti - di questa nuova Stanza di Valore che si apre oggi - fossero leggibili ed interpretabili nella forma di un ‘dizionario grammaticale delle lezioni’.
Quale e quanta sia la mia idiosincrasia nei confronti delle varie forme di tecnicismo applicato alla scuola (come a qualsiasi realtà…), già ho avuto modo di esporlo, in molteplici occasioni. Fino ad un recente passato mi sentivo per tale motivo assolutamente fuori contesto; quando cioè per i docenti imperavano le proposte confinate ad un nuovo decreto, ad un software per la Lim, all’uso di una categoria di griglie per la correzione. Oggi (complice l’età… e la saggezza che essa conduce con sé) sento l’ardire di mettere in luce altre direzioni, quelle che ho esplorato e che si sono rivelate efficaci. Non una, non due, ma tutte le volte. Quelle che, guarda caso, si aprivano come problemi e come tali proseguivano.
{quando mi chiedono che cosa significa ‘teacher mentoring’, quale definizione della mia attività, rispondo semplicemente che “racconto ad altri le cose che per me - in venticinque anni di classi e di studenti - hanno funzionato, nella certezza che funzioneranno per qualsiasi collega”}
Un ‘dizionario grammaticale del far lezione’ muove, evidentemente, da ciò che accade a lezione: ogni evento è un lemma. X accade. Tuttavia, la descrizione di X - e soprattutto le modalità di affrontarlo, la sua ‘traduzione’, quindi - non può mai coincidere con la semplice enumerazione dei microeventi che lo hanno costituito.
X potrebbe essere ‘la formula della gravitazione universale’ così come ‘la mia studente Caia non riesce proprio ad imparare le equazioni’. Entrambi gli eventi sono problemi, sono storia, e quindi vanno trattati in un modo che ne rispetti la complessità.
Questo intendo con “pensare per problemi”.
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