Buon venerdì (che è diventato sabato, questa settimana) ✰
Rimane il fatto che - come ben sai - in questo che è il terzo appuntamento settimanale delle Lettere amo riflettere sulla scuola come sistema che offre la possibilità di formazione della persona e del futuro cittadino (alias orientamento).
Uno degli aspetti che, durante le mie formazioni individuali sul tema ‘orientamento’, rilevo essere la ragione per cui i docenti si rivolgono a me è il falso problema dei contenuti.
Perché affermo che sia un falso problema?
Sin da quando il termine derivato dal verbo orientare (/orientarsi) è entrato prepotentemente a far parte dell’orizzonte - e del lessico - scolastico ho deciso di interessarmene attivamente. Ciò che ho riscontrato più utile è stato - come è dappertutto un po’ mio metodo - allargare i confini della questione al di fuori dell’ambito strettamente didattico-legislativo. Chiamando perciò a raccolta studi e ricerche soprattutto di sociologia, psicanalisi e filosofia. Non tanto e non soltanto per dare una cornice teorica alla questione, ma per trovare delle possibili ed efficaci risposte al problema.
Dove voglio arrivare, con questo discorso?
Osservo che una notevole quota di maggioranza dei docenti si sentono ancora esclusi (o in diritto di autoescludersi) dalla questione orientativa per averne, finora, percepito un’unica narrazione. Appunto quella che fa leva sui contenuti.
E quindi:
“Non posso occuparmene io, nelle mie ore, perché… che cosa vuoi… mentre fai matematica!…”
“Voglio proprio vedere come far rientrare le lezioni su Dante nella didattica orientativa!”
“Ci stanno solo rubando delle ore! Che cosa vuoi che faccia raccontare di sé agli studenti, mentre lavorano su un progetto di laboratorio?”
etc etc
Il falso problema dei contenuti, appunto. La cui unica via di uscita è appoggiarsi alle valutazioni assegnate.
Ed è verissimo - come spesso ho raccontato anche qui, e sempre puntualizzo nei corsi per le scuole e durante le masterclass - che l’aspetto valutativo è l’altra voce con la quale si può decidere di chiamare la riflessione riguardo all’orientamento.
La riforma dell’orientamento è già, in sé, una riforma della valutazione.
Ma non voglio tornare, oggi, sulla tripartizione di ciò che è valutazione (ne avevo parlato nel post che ti riporto qui sotto).
Voglio rimanere sul problema dei contenuti.
Non è sui contenuti (che poi, continuo a trovare orrendo e terribile questo termine) delle diverse discipline che dobbiamo concentrarci.
E nemmeno sul concetto stretto di racconto di vita, inteso come capacità di descriversi, di descrivere le proprie competenze, di intuire il proprio futuro.
No.
Gli elementi delle nostre discipline sono - provocatoriamente - ‘fantocci’ in mano nostra, ma soprattutto sono protagonisti mossi dal metodo disciplinare.
Mossi dal linguaggio.
Quante volte ho parlato della portata del linguaggio?
Quante volte ho (spero) dimostrato che è soltanto prendendo coscienza di ciò che sono - in ultima analisi - le singole discipline che si riesce ad accompagnare gli studenti a decidere per sé e per il proprio futuro?
Ecco, dunque, dove si possono incontrare tutte le discipline e in base a che cosa possono essere, tutte, profondamente orientative: il linguaggio come metodo di esse.
Ammetto che sia molto più agevole seguire questo protocollo di azione nella secondaria di I grado; al contempo, trovo che sia molto più efficace ed illuminante farlo nel II grado.
Ma sì, perché la sfida (nel II come nel I grado) è orientare in base ad una corrispondenza di metodo, di uso dei linguaggi - anche nelle loro variazioni intradisciplinari - e non in termini di “se in matematica hai almeno 8, puoi fare un liceo scientifico” oppure guardando a quello che è oggi il mercato del lavoro.
Io credo (utopisticamente, forse) che la futura società abbia bisogno di giovani che, attualmente, verifichino di essere coinvolti come persone in una prospettiva di azione sul mondo.
E - checché se ne possa pensare - il linguaggio è azione.
E quindi reazione. Ed anche emozione.
Il problema, allora, non è andare a scovare nelle tre cantiche spunti che possano essere resi in lavori di didattica orientativa.
La prima risorsa (volgo infatti il concetto di ‘problema’ in ciò che fondamentalmente è) sarà andare a evidenziare - cioè osservare, registrare, raccogliere, valutare, ricordare, condividere - la reazione individuale, del singolo studente, alla serie di terzine scelte.
La seconda risorsa sarà rendere consapevole il singolo studente del metodo che agisce quando ci si pone il traguardo di lavorare sulla Commedia, in ognuna delle sue possibili declinazioni.
La reazione dice il Sé.
Il metodo dice l’Io.
Oggi voglio raccontarti, ad esempio, come ho appena scoperto riesca ad essere altamente orientativa un’ora di Geometria.
{Se ne avessi la possibilità, sarei orgogliosa se volessi considerare la possibilità di investire nella mia attività di ricerca e formazione. Oppure per te non è il momento, ma nel caso trovassi utile o interessante ciò su cui lavoro, ti sarei davvero grata se tu volessi condividere la newsletter con qualche amico o collega. Anche con questo piccolo gesto puoi sostenere la mia ricerca e la mia professione. Grazie}
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