Un luogo che ci abita
L’impatto con un tempo ‘altro’ e la relazione con la (propria) infanzia
Buongiorno ♡
Anche quest’anno assisto all’emergere lento del clima interiore che da sempre per me caratterizza quel periodo, più o meno lasso, che coincide con la fine delle lezioni, il saluto agli studenti di terza media (*) e l’impatto (come ben lo definisce Elena, su Instagram @diletta_manontroppo) con un tempo che per noi docenti è forzatamente ‘altro’.
Avremmo tanto da dirci e da raccontarci sulla prontezza o sulla difficoltà con la quale, dopo quasi dieci mesi di immersione totale nella relazione con i nostri studi e i nostri studenti, ci prepariamo ad interpretare i due (scarsi!) mesi di sospensione estiva!
[mi piacerebbe davvero che lo potessimo fare anche qui, e perciò lancerei un sondaggio…]
Oggi vorrei invece tornare su un tema che - se mi leggi da tempo - sai bene quanto mi sia caro: il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. O meglio, il transito dall’infanzia alla preadolescenza: un limite talmente evanescente da risultare spesso anche invisibile; una partitura dal ritmo unico, singolare.
Di limiti e distacchi avevo scritto, l’anno scorso, in questi⬇ termini:
Invece oggi ho pensato di offrirti:
un albo
delle parole (non mie)
L’albo è Saltafossi, di Alessandro Sanna (Gallucci editore). Brevemente, ne ho scritto qui.




Le parole che ti consiglio di cuore di custodire, invece, sono di Claudia Fulvi, psicoterapeuta. Te le riporto perché mi sembra possano davvero aiutarci a delineare i confini dei nostri studenti e delle nostre studentesse.
«L’infanzia non è solo ciò che è stato. è un luogo che ci abita, ci guida, ci chiede ascolto.
Ogni volta che qualcosa ci rende fragili, una perdita, un incontro, un ricordo, quella stagione remota ritorna.
Porta con sé ferite, sì, ma anche la radice viva del nostro desiderio di cura.
La psicoanalisi ce lo insegna: l’infanzia non è solo ciò che è stato, ma ciò che ancora ci attraversa, nei sogni, nelle relazioni, nei gesti ripetuti senza sapere perché. Ogni volta che diventiamo fragili (fragili, non deboli) quella stagione ritorna. Non per ferirci, ma per svelarsi.
Perché lì, in quella patria remota, forse non abbiamo lasciato soltanto dolore, ma anche la radice del nostro desiderio di essere interi.»
Quando ci interroghiamo sui modi e i tempi delle progettazioni relative all’orientamento, credo che dovremmo tenere a mente queste parole.
Ti abbraccio e ti auguro una buona settimana ♡
(*) ai ragazzi e alle ragazze della mia terza (la mia ultima terza…) ho regalato una lettera che inizia con questo brano di A. de Saint-Exupéry:
«Perché come avviene per l’albero, non sai nulla dell’uomo se lo estendi nella sua durata e lo scomponi nei suoi diversi elementi. L’albero non è seme, poi stelo, poi tronco flessibile, poi legno secco. Non bisogna scomporlo per conoscerlo. L’albero è quel potere che lentamente sposa il cielo. La stessa cosa avviene per te, mio piccolo uomo. Dio ti fa nascere, ti fa crescere, ti colma successivamente di desideri, di rimpianti, di gioie e di sofferenze, d’ira e di perdono, e poi ti richiama a sé. Tuttavia tu non sei né quello scolaro, né quello sposo, né quel bambino, né quel vecchio. Tu sei colui che si compie.»