Prima di lasciarti alla lettura…
Nel caso tu stia pensando ad un regalo di Natale, mi permetto di ricordarti le tre possibilità seguenti:
L’abbonamento annuale alle Lettere al 50% del costo → da oggi fino alla mezzanotte del 24 dicembre, potrai abbonarti al prezzo di 90 euro invece di 180 e per un anno ricevere quindi - oltre all’articolo del lunedì - anche le mini-formazioni ‘sostenibili’, le Stanze di Valore, del Martedì e le attività legate all’orientamento del Venerdì
L’e-book I Martedì delle Lettere, che raccoglie i primi sei mesi delle Stanze di Valore (20 euro) → puoi trovare qui la scheda che descrive il progetto e le indicazioni per l’acquisto
L’e-book Verso Dove?, che raccoglie i primi dieci mesi delle riflessioni del venerdì (30 euro) → puoi trovare qui la scheda che descrive il progetto e le indicazioni per l’acquisto
Buongiorno ✤
Questo che stai per leggere è l’ultimo dei quattro appuntamenti settimanali che avevo voluto dedicare alla valutazione (ad una seconda riflessione su di essa, poiché questo progetto de I Martedì delle Lettere si era in un certo senso aperto riflettendo su questo tema).
Ti riporto quello che ritengo sia il ‘centro di gravità’ del discorso che ho portato avanti fin qui, e che avevo espresso la scorsa settimana con le parole
“Bisognerà allora fare in modo che l’oggetto da valutare diventi così ampio (storicizzato) da permettere di tenere in considerazione tutte le questioni scatenate dai singoli punti di esso. Solo così si può generare movimento e quindi valutazione”
Ho rinvenuto una risonanza del concetto della valutazione come azione dinamica (e che si realizza su un substrato dinamico) nell’ultima riflessione proposta da Mafe de Baggis in Story Hacking. Te la riporto:
Da studiosa di linguaggio, narratività e orientamento narrativo, sono rimasta affascinata dalla puntualizzazione dell’autrice riguardante la sovrapponibilità tra storia ed esperienza.
Scrivo questo perché il termine ‘esperienza’ appartiene al bagaglio a mano con il quale ci spostiamo noi docenti. Se mi leggi da un po’, ricorderai che a volte preferisco utilizzare il termine ‘vissuto’, in riferimento alla progettazione e all’analisi che compiamo delle proposte didattiche. Se l’esperire reca con sé il significato dato da quel ‘per’, un’immagine dell’attraversamento che rimanda anche allo ‘scorticarsi’ contro muri e angoli, il vivere ci trasla immediatamente in una dimensione nella quale la staticità non è prevista.
E questo mi fa ritornare al punto della questione: il processo.
Se osservi, questo ottavo percorso dei Martedì si è messo effettivamente a ruotare (ancora una volta, nel senso che lo considero quasi un “cavallo di battaglia” delle mie riflessioni di filosofia dell’educazione) intorno al dilemma processo-prodotto. Per quanto la necessità di esplorare il polo del processo sia stata acquisita, nel corso degli ultimi anni, nelle sale del sistema-Istruzione, rimaniamo a rilevare come gli spunti teorici fatichino ancora ad essere riversati nella pratica valutativa.
Perché è più facile verificare un prodotto che non un percorso?
Perché ogni percorso necessita (e sorge in virtù) di una interpretazione, che pare limitare l’azione valutativa?
Perché gli indicatori devono essere adattati all’individualità di ogni percorso?
Tutto ciò è vero, e trovo che renda appunto ragione all’esigenza di spostare l’ago della bilancia.
Non solo e non tanto per “essere docenti migliori”, ma soprattutto per accompagnare i giovani in una revisione della loro dimensione temporale. Mi spiego.
Molte volte, abbiamo riflettuto insieme su ciò che - ad oggi - sembra caratterizzare tanta parte dell’immobilismo giovanile: l’incapacità a credere nel futuro - una incapacità che, nei più piccoli, viene per così dire ‘assorbita’ dall’ambiente familiare e sociale stretto - si trasforma nella disabitudine a concepire il proprio futuro. I percorsi dell’orientamento narrativo mirano, innanzitutto, a rieducare tale facoltà, che è cognitiva così come emozionale.
Certo, si può lavorare insieme ai ragazzi e alle ragazze - sarebbe meglio farlo già quando sono bambini e bambine, tuttavia - in modo che essi facciano esperienza del proprio vissuto, affinché imparino a vedere e a sentire la realtà, quando applicano le strutture narrative. Questo è sacrosanto.
Però credo sia necessario agire anche in un altro modo. In parallelo, cioè, l’altro aspetto della relazione educativa (che è la valutazione) deve essere illuminato secondo i medesimi criteri.
La valutazione deve quindi rispondere ad un criterio narrativo.
E non può farlo se rimane una valutazione di prodotto e non si estende a diventare valutazione di processo. Se non diventa, essa stessa, storia; se non arriva a rispondere - nel modo più coerente - all’oggetto al quale si applica.
La valutazione si applica ad una storia (di apprendimento) e quindi non può essere che storia.
Avanzo io stessa un’obiezione.
Come la mettiamo con la motivazione?
Ovvero: come pensiamo che un tale schema (storicizzata) della valutazione possa essere quello più adeguato per intercettare tutti quegli studenti che invece pongono nel prodotto la radice della loro motivazione?
Ti ripropongo la struttura che avevo indicato qualche mese fa (a partire dagli studi di M. Baldacci):
Come rispettiamo, riconosciamo (cioè valutiamo correttamente) gli studenti che operano vivendo la rappresentazione “Talenti personali” oppure “Competenze di base”?
Risponderei in modo duplice. Innanzitutto, non sto ‘propagandando’ un modello manicheo che implichi un’inversione a U nei termini in cui concepiamo - e attuiamo - la valutazione. La seconda mia risposta è (come nelle migliori delle tradizioni) una (doppia!) domanda:
E se la motivazione alla competenza avesse raccolto quella popolazione studentesca già - cioè precedentemente, in sé - adatta(ta) ad un ambiente culturale e sociale orientato verso il prodotto? Sarebbero quegli studenti in grado di muoversi con discreta efficienza e soddisfazione nell’ambiente tardo novecentesco che leggeva il sistema di istruzione come viatico per un successivo ingresso nel mondo del lavoro
(ne avevo scritto qualcosa anche qui ↡)
Non trovi anche tu che la parola ‘talento’ sia diventata la facile moneta di scambio (metafora-non-metafora!) all’interno dell’attuale universo dell’orientamento?
In definitiva - ma è la mia personalissima opinione - se negli anni delle ricerche iniziali di Baldacci poteva considerarsi la norma sia 1) che la valutazione scolastica procedesse mirando a mettere in luce le competenze, sia 2) che la ‘via del talento’ potesse costituirne un iniziale allargamento, penso che oggi si debba compiere un passo ulteriore.
Perché anche ragionare di talento è - come ci indicava Baldacci - un mettere in luce il prodotto.
E invece abbiamo bisogno di aiutare ragazzi e ragazze ad esplicitare la loro storia, il loro percorso. Enjoy the process, si dice, no?
La portata dell’orientamento narrativo è tutta qui: nel riportare a galla quei due modelli ‘dimenticati’. Pensiamo (mi riferisco sempre alla modellizzazione presentata sopra) a quanto sia difficile, per noi docenti, valutare una motivazione all’arricchimento culturale o al gusto dell’indagine. Pensiamo a come, entrambe queste dimensioni, ancor oggi vengano - nel sentire comune - associate a discipline, metodi e attività poco efficaci, poco redditizie, inutili. Delle perdite di tempo.
Valutare secondo processo, in definitiva, per me significa permettere al singolo studente e alla singola studentessa di riportare a galla le sue ‘quattro anime’ (perché ognuno di noi le evidenzia in modo variabile, a seconda anche dell’età e del contesto), dando valore anche alle due più neglette, quelle che obbligano a sostare nel ‘qui’ e non a porre il traguardo nel ‘là’.
Valorizzare il presente che accade credo sia l'unica strategia per predisporsi ad un futuro buono.
Si dà valore al presente solo se non lo si considera vassallo del futuro, ma meritevole di giudizio e di luce propria.
Oggi voglio offrirti un approfondimento sulla possibilità di accompagnare ragazzi e ragazze a sostare sul presente e a metterlo in relazione con la propria storia, ma senza doverlo per forza di cose ‘utilizzare’ per individuare un prodotto futuro.
Ti regalerò una attività da svolgere in classe e qualche spunto di metodologia filosofica da sfruttare con gli studenti.
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