Via da questo presente (che imprigiona, plagia e umilia!)
Una mia libera interpretazione sul tema dell’ORIENTAMENTO

Buon inizio di settimana ♡
Giovedì scorso, chiacchierando con Stefania e Francesca - le mie libraie del cuore - in diretta Instagram (se non eri in collegamento ma vorresti recuperare quell’oretta scarsa che abbiamo dedicato a riflettere su come gli adulti possono aiutare i giovani ad orientarsi, trovi il video sulla loro pagina, @lasartorialetteraria) è emerso un concetto sul quale vorrei oggi tornare.
Il passaggio che mi ha portata ad avviare quella riflessione è tratto da Tu, sanguinosa infanzia, di Michele Mari (Einaudi, 2009).
Vedi, Michele, non si è mai abbastanza morbosi, perché per quanto si viva del passato c’è sempre qualcosa di ineludibile, nel presente, che ci plagia e ci umilia. [...] Ma basta che ci capiti in mano una nostra fotografia di quando avevamo sette o dieci anni per scioglierci di commozione, come ulissidi che rivedan la patria, ecco chi sono gridiamo, quello lì sono, volevo ben dire, io son sempre quello. Ma intanto, hai dilapidato
Ho voluto citare proprio questo brano - situato nelle primissime pagine di un libro che ho amato tantissimo - perché mai mi era accaduto di rinvenire in tal modo voce che dica il rischio più importante che corriamo noi adulti, quando scegliamo di affiancare figli e studenti nel percorso di scelta.
È il rischio di esaurire nel presente, al quale assistiamo in aula oppure a cena, l’immagine del ragazzo o della ragazza che abbiamo davanti.
Per tale ragione, preferisco condurre chi ho di fronte ad esprimersi in termini di desiderio e di attesa, più che di attitudine o interesse. Per carità, pesanti indicatori sono indubbiamente i secondi: indizi di una corrispondenza con la realtà già intuita e di un metodo di leggerla che è già stato sperimentato.
Eppure, in qualche modo, essi sono strumenti radicati nel presente.
Strumenti che, in buona sostanza, danno anche una discreta probabilità di successo finale. Un successo di una determinata - e, a mio avviso, inferiore - qualità, però (vedremo dopo).
Invece, attese e desideri sono forse più ineffabili e meno chiaramente rilevabili nell’azione quotidiana; essi, tuttavia, credo siano più capaci di ‘parlare’ con le altre due dimensioni del tempo della persona: passato e futuro. Scommettere su di essi chiama ad un rischio maggiore, ma la qualità del prodotto finale può essere molto più originale di quella ottenuta basandosi su attitudini e interessi.
Esaurire uno studente al suo presente significa non essere in grado di guardare oltre ciò che adesso sa essere (bada che non ho scritto “sa fare”!).
Non è sufficiente, (saper) leggere il presente dei nostri studenti.
Dobbiamo fare in modo di non umiliarli all’adesso, ma di lanciarli in alto, in alto sopra quel terreno che - bene o male - hanno imparato a frequentare insieme a noi.
Rischio.
Scommessa.
Ma anche una maggiore probabilità di fioritura futura.
Ops! Stavo dimenticando…
All’immagine che ti ho appena descritto corrispondono infatti due tipologie di didattica cosiddetta orientativa.
La prima (quella che è soltanto “cosiddetta”) agisce infatti esclusivamente nel presente: persino le competenze che essa tende a sviluppare - attraverso i famigerati e tanto odiati, da me, compiti di realtà - si rivelano alquanto miopi e poco significative
La seconda (la VERA didattica orientativa) chiama in gioco tutte le dimensioni - passata, presente e futura - di qualsiasi apprendimento. È la didattica che lavora sul collegamento tra ordini scolastici, che amplia i concetti salvando tutto ciò che era stato acquisito in precedenza, che esplora il terreno semantico delle parole che compongono una disciplina. Ed è anche la didattica che rilancia ogni nuovo apprendimento verso un futuro disciplinare ancora “fuori portata” dal punto di vista didattico, eppure perfettamente plausibile e coerente. (ti racconterò un’altra volta come sono riuscita a far lavorare la mia terza sul concetto di sistema di equazioni…)
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Un abbraccio e buona settimana a te ♡
Mi sono trovata in contrasto, lo scorso anno, con alcune mie colleghe al momento di "orientare" la mia terza alla scelta per l'anno successivo. Si è venuta a delineare proprio la dicotomia che dici tu. Io semplicemente non mi sono sentita, e non mi sentirei mai con nessuno, neppure più adulto, di dire: "secondo me, tu questo lo puoi fare e quest'altro no".
Si dice che una frase del genere porti in futuro a meno fallimenti e delusioni, ma perché? La delusione e il fallimento fanno comunque parte della vita, e la mancanza di abitudine a delusioni e fallimenti è spesso all'origine di comportamenti violenti e frustrazioni che poi fanno "ammalare". Chi sono io, se pur delegata a educare e istruire una persona, per poter dire a quella persona cosa potrà o non potrà fare nella sua vita futura? Posso affiancarla, non determinarla. Le aspirazioni, i desideri sono il motore fondamentale della vita, possiamo anche essere ridimensionati dal mondo che ci circonda, ma è importante che nessuno ci limiti prima del tempo.