Buongiorno a te ✫
Siamo giunti al terzo appuntamento del percorso “Un lavoro a misura di persona”, all’interno del quale ho deciso di affrontare il mostro: i momenti nei quali sentiamo che la nostra professione ci sottrae energia.
Nel corso dei primi due appuntamenti ho fortemente voluto utilizzare la mia personale esperienza per dimostrarti come ci si possa estrarre da un turbine autodistruttivo (ti ho raccontato, nel primo articolo, di come scelsi di utilizzare la tecnologia digitale quando i tempi erano ancora ‘poco sospetti’ e poi, nel secondo, di come ho capito di dover riorganizzare il mio ecosistema lavorativo).
{ti ricordo che, sotto il paywall che troverai più avanti, la prima tappa del percorso continua per gli abbonati. Anche se per te non fosse il momento opportuno per investire nella mia attività, proprio per questo mi farebbe piacere offrirti questo mese di formazione, gratuitamente. Se poi, al termine di quel tempo, dovessi valutare che la mia offerta corrisponde ai tuoi bisogni, sarà gradito ad entrambi continuare la ‘vicinanza’ con un abbonamento}
Ti ripropongo i primi due ‘numeri’, nel caso li avessi persi.
Parte 1.
Parte 2.
In definitiva, in base a quanto ti ho raccontato finora posso dire che ciò che mi ha consentito di evitare che il lavoro di insegnante continuasse a “togliermi il fiato” è stata la decisione di re-interpretarlo come un progetto di ricerca. Scelgo di utilizzare questa espressione per chiarire che mi sto riferendo ad un livello - per così dire - più avanzato del rendersi conto che “insegnare è essenzialmente imparare”. Do infatti per scontato che chiunque intraprende la via della docenza lo faccia per dare risposta ad un bisogno più profondo di quello che coinvolge le finanze familiari; senza dimenticare che si può scegliere questa strada mossi dall’esigenza di ‘lavorare’ e farla diventare poi una voce che possa rispondere ai bisogni degli studenti.
In entrambi i casi, la dimensione continua dell’apprendere è conditio sine qua non della capacità di svolgere al meglio il proprio lavoro.
Quando ho iniziato a definire la (mia) accezione di insegnamento come ‘progetto di ricerca’, mi sono posta il traguardo di dover creare un’attività che riuscisse a mantenersi la più aperta possibile.
L’apertura - in termini di collaborazioni, metodologie, tematiche - è ciò che consente di rendere fertile il terreno. Vedi bene che non sto semplicemente intendendo la necessità di studiare e di tenersi aggiornati sugli argomenti che insegni, ma ciò che voglio porre in evidenza è il desiderio di rendere il contenuto della tua disciplina di valore.
Di valore, innanzitutto, per se stessi.
Che cosa mi offre la mia disciplina?
Quali orizzonti di crescita personale (e non soltanto professionale)?
Insegnare è veramente diventata una professione ‘a misura mia’ soltanto a partire dal momento in cui ho iniziato ad agire come un docente universitario a cui fosse stato affidato un progetto di ricerca: mi sono attivata per uscire dal mio sistema ristretto (→ le collaborazioni, anche extra-scolastiche), ho deciso di tenere traccia di tutto ciò che vedevo accadere in classe (→ la raccolta dati è diventata elemento non accessorio delle mie lezioni), fino a cercare in modo autonomo di coinvolgere altri ‘attori’ nei miei percorsi di insegnamento (→ ho contattato esperti della didattica ed ho iniziato a pubblicare su riviste di settore).
Insomma, ad un certo punto la matematica, la fisica, la biologia sono diventati ai miei occhi parte di un tutt'uno che descriveva sempre più precisamente chi mi sentivo di stare diventando.
Il fatto di avere socchiuso - mentre lavoravo nella scuola - molte più porte di quelle che, tradizionalmente, la professione docente implica (gettandomi nelle pubblicazioni, nelle partecipazioni a convegni, in collaborazioni con altri professionisti) mi ha consentito di mantenere la mia figura percepita in perenne stato beta, costantemente in evoluzione.
La conseguenza che reputo più importante (o perlomeno quella che è stata rilevante per la mia vita) è stata la sensazione di aver guadagnato un’enormità di tempo. Mentre, in concreto, stava accadendo proprio il contrario! O meglio, a livello assoluto ero più impegnata di prima, ma gli aspetti prettamente scolastici e burocratici erano stati ridotti all’osso. Mi sentivo libera come non mai.
E felice come non mai.
Ecco. È la prospettiva di ‘regalare’ anche a te una libertà simile a quella che provai io, ciò che mi ha mosso nell’avviare questa Stanza di Valore n.11, un po’ ‘strana’ e sicuramente più ‘intima’ delle precedenti.
Nella sezione che segue, voglio illustrarti da quale punto di vista NON considero questa tensione al progetto una forma di multi-tasking.
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