{Ciao! Questo che stai per leggere è il quarto e ultimo appuntamento del percorso di formazione sostenibile intitolato Rischiarare l’umano. Spero, attraverso questo percorso, di aiutarti a rimettere a fuoco il valore fondante di ciò che è l’educazione..
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Buongiorno ✯
La ragione principale per la quale ho ormai orientato tutta la mia vita di professionista autonoma intorno a questa pubblicazione - le Lettere ad un (giovane) docente - e ai momenti di formazione che progetto è il privilegio che questo mi dà di approfondire, di volta in volta, un punto qualsiasi del ‘fare scuola’ e dilatarlo fino a renderlo illimitato. Ne parlavo proprio ieri (durante lunghi messaggi vocali scambiati tra intervalli e spostamenti in auto) con la mia amica Cristina, esempio in carne ed ossa di splendida educatrice e formatrice, studiosa e ricercatrice, benché ancora esclusa dall’algoritmo.
[ne approfitto per mandare il mio abbraccio più grande a tutti coloro che “son sospesi”, ancora a settembre inoltrato…]
Non soltanto illimitato, ma anche condiviso.
È un piccolo porticciolo, questo delle Lettere: gli attracchi sono spesso imprevisti, ma - giorno dopo giorno - si va saldando una piccola comunità variegata e vagabonda, che si stringe intorno ad una visione condivisa. Che è poi la visione che ho espresso nei numeri dei due ultimi lunedì: una scuola aperta alla vita, che formi alla vita (che non significa affatto ‘scuola delle competenze’ o basata sui compiti di realtà).
[nel caso non avessi voglia di andare a riprendere quei due numeri, te li incollo qui sotto!]
In questa nostra scuola (la scuola che stiamo pensando io, te e molti altri) tutto transita dalle discipline; tutto si incarna nella persona che ne è modello, rappresentazione e testimone; tutto si imbeve di esse e delle esperienze che portano; ed infine tutto va ad irrigare l’individuo.
Ma non dobbiamo dimenticare che l’individuo è maggiore della somma delle parti di uno studente, per quanto istruito esso possa essere. Un individuo è educato anche da eventi quali un’assenza affettiva, un trauma infantile, la disabitudine alla gentilezza (Cristina, penso a quanto ci siamo dette ieri!).
Se nella Lettera di ieri esprimevo i miei “due sospetti”, oggi ne aggiungo un terzo: non è che stiamo propagandando un’idea di educazione troppo edulcorata? Parziale, limitata. Un po’ stupida, anche. Quando pensiamo all’educazione come allo strumento familiare e sociale che favorisce la marcia verso il progresso. Facile rifiutarla, l’educazione, quando di progresso verso il bene ne scorgiamo poche tracce!
Io penso, invece, che - intesa nel contesto che ti sto proponendo - l’educazione sia inerte: non guida necessariamente verso il Bene. Ma attenzione! Questo non significa che sia inutile.
L’educazione È.
Però bisogna riconoscerla, metterla davanti agli occhi di chi l’ha vissuta. E accompagnare nel giudizio da darne. In questo senso, allora, crisi educativa potrebbe significare incompetenza - o difficoltà o rifiuto - nel riconoscere la totalità degli effetti che la storia degli eventi di ciascuno ha generato. Mi verrebbe da proporre un’analogia biologica: l’educazione, per le scienze umane, è come l’evoluzione per la biologia. È un processo sempre in atto, determinato sia dal soggetto che dall’ambiente in cui vive; un processo non orientato (la scala dell’evoluzione è ormai un ricordo ottocentesco!) ma pervasivo.
Oggi voglio dunque proporti una specie di gioco. Per aiutarti a mettere a fuoco quale idea di educazione possiedi e se essa è capace di determinare la sfumatura delle tue scelte in merito alle proposte didattiche.
Cosa ne dici… ti va di giocare insieme a me?
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