Foto di Thomas Bormans su Unsplash
{Stai per leggere il terzo appuntamento (martedì prossimo sarà il turno dell’ultimo) del secondo mini-corso di quella ‘formazione sostenibile’ che desidero siano le Stanze di Valore, qui sulle Lettere. Se sei abbonato alla newsletter (sia in forma mensile che annuale), potrai accedere al materiale completo di oggi (oltre che all’intero archivio di Lettere ad un (giovane) docente e ai post del venerdì di Visioni, all’interno dei quali si sta costruendo un’antologia per l’orientamento, liberamente utilizzabile}
Buongiorno!
Prima di addentrarci nel passaggio odierno, voglio proporti un breve ‘stato dell’arte’ relativamente alla questione del prendersi cura di sé, che ci ha accompagnato negli ultimi due martedì delle Stanze di Valore.
Dedicarsi alla cura della propria esistenza non è un atto individualistico, perché consiste il presupposto di qualsiasi azione politica
Vi è una cura che interviene nella costruzione dell’essere e una cura che ripara, che ricuce le ferite (nel corpo e nell’anima)
Entrambe le dimensioni plasmano ogni relazione che sia educativa, quindi anche l’insegnamento
Attenzione, sollecitudine e impegno sono elementi essenziali di una cura che sia efficace
Bisogna distinguere l’esercizio di ognuna delle due forme di attenzione
Una delle ragioni per le quali avevo proposto il percorso sulla cura quale attività del mese di maggio era aiutarti a prendere consapevolezza di quanto l’elaborazione della riflessione sul Tempo sia oltremodo necessaria per noi, che di una ‘professione di cura’ abbiamo fatto il nostro lavoro.
Perché imparare a prendersi cura di sé e dell’altro che abbiamo davanti - e a circoscrivere l’ambito di tale azione - dovrebbe avere a che fare con il Tempo?
Potrei rispondere con le parole di Luigina Mortari, filosofa contemporanea, e dire quindi: “per comporre di senso il tempo”. E si tratterebbe della stessa espressione sotto il cui vessillo porrei qualsiasi percorso - didattico, disciplinare, interdisciplinare, trasversale etc - da proporre agli studenti. Narra Platone - nel Politico - che la condizione in cui nascono e vivono gli esseri umani è quella di essere abbandonati dalla cura degli dèi e chiamati ad avere cura di sé da se stessi. Immersi sin dall’origine in una mancanza, siamo perciò costretti a tentare di dare forma al nostro essere. Siamo perciò chiamati ad una responsabilità.
Insisto anche in questa occasione - riprendendo il tema della testimonianza quale azione del docente autorevole, espresso ieri - sulla potenza comunicativa ma soprattutto educativa che ha la consapevolezza del binomio mancanza-responsabilità.
Vuoi provare, insieme a me, a declinare all’interno della nostra professione questo (apparente) paradosso? Ti porterò a renderti conto di quanto potente, seppur inconsapevole, sia la padronanza che raggiungerai di tale dilemma all’interno della tua attività.
{sotto il paywall il percorso continua per gli abbonati. Magari non è per te il momento di investire nella mia attività, ma nel caso la trovassi utile o interessante, ti sarei davvero grata se tu volessi condividerla con qualche amico o collega. Anche con questo piccolo gesto puoi sostenere la mia ricerca e il mio lavoro. Grazie.}
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