{Ciao! Questo che stai per leggere è il primo appuntamento di una serie di quattro, uno ogni martedì, che idealmente vanno a comporre - in puro stile Stanze di Valore - un mini-percorso di riflessione su che cosa significhi ‘valutare’, non solo nella nostra scuola ma soprattutto nella nostra epoca. Se sei abbonato alla newsletter (sia in forma mensile che annuale), potrai accedere al materiale completo di oggi (oltre che all’intero archivio di Lettere ad un (giovane) docente e ai post del venerdì di Visioni)}
Ti invito ai nastri di partenza di un percorso al quale tengo tantissimo. Quando l’ho pensato, ho voluto declinarlo in una modalità rapida, coerente con lo strumento agile del post-per-mail. Ogni martedì, per i prossimi quattro, riceverai quindi alcuni miei spunti sui quali poter lavorare. In classe, ma (questa è la mia speranza) anche ‘a tutto tondo’, nella tua esperienza quotidiana di individuo.
Voglio partire da molto lontano. Da Plotino, il fondatore del neoplatonismo. Per un concetto che egli introdusse nella filosofia e che trovo attinente all’idea di eccedenza della quale scrivevo ieri (qui). L’Uno di Plotino è la prima figura dell’imperscrutabile, in filosofia, il quale non può essere oggetto di visione, nemmeno intellettuale. Anche se non stiamo andando ‘alla ricerca del principio ultimo’ della realtà, penso che sia interessante - ed anche un po’ rivoluzionario, sì - ricordarci che non si può dire fin dove arriva il sé. Qualche settimana fa avevo circumnavigato la questione trattando di rigore, di precisione e ambiguità (qui); oggi affondo più decisamente il colpo.
Se non sei nuovo a questi miei luoghi, ormai conoscerai la mia ‘vocina interiore’, che mi piace non mettere mai a tacere, nonostante essa non eviti di obiettare con sarcasmo ai miei passaggi. Oggi la faccio intervenire subito perché, correttamente, affermerebbe: “Come possiamo arrenderci al concetto di imperscrutabile, noi docenti? Il fulcro della nostra attività è proprio quello di scrutare nelle pieghe degli apprendimenti, di misurarne l’efficacia. Nulla deve sfuggirci!”
Mi sembra superfluo sottolineare l’evidenza di una impossibilità - tutta umana - di abbracciare completamente qualsiasi realtà (evidenza con la quale facciamo i conti tutti i giorni); inizio invece da dove ieri avevo terminato.
Dal concetto di valutazione come azione necessaria ma complessa.
Irriducibile, aggiungerei oggi.
L’irriducibilità non è afferente alla misurazione in sé (e sto ponendo l’assioma che i nostri strumenti di misurazione siano efficaci e correttamente calibrati): la docimologia indaga da più di un secolo in questo ambito. Utilizzando la metafora che ho esposto ieri, tuttavia, gli altri due ambiti della valutazione (che ho, nel suo complesso, tripartito in misurazione-‘altro’-descrizione) risultano pienamente, e drammaticamente, preda dell’imperscrutabile.
Nonostante l’intero terreno - quello della valutazione - a noi docenti sia chiesto di padroneggiare.
In esordio di questa prima tappa del percorso, è utile che tu ti ponga alcune domande, che ti consentiranno di definire il tuo contesto, quello sul quale poi andrai (in mia compagnia) a lavorare.
Ecco le domande iniziali.
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